Corriere della Sera

L’ILLEGALITÀ DA ARGINARE

Tensioni e pericoli La legge va fatta rispettare sempre e senza guardare in faccia nessuno. È solo così che si combatte l’estremismo e l’aggressivi­tà

- di Ernesto Galli della Loggia

C hi ha letto qualche libro lo sa. La ragione forse più importante che determinò la vittoria del fascismo nel 1922 fu lo scardiname­nto dell’applicazio­ne della legge avutasi negli anni precedenti. Uno scardiname­nto che ebbe due momenti: dapprima, durante il cosiddetto biennio rosso, il governo si mostrò di un’assoluta indulgenza nel tollerare da parte dei socialisti le violenze di piazza, il sobillamen­to continuo e in mille modi alla violazione dell’ordine pubblico e al sabotaggio, le minacce e le aggression­i, verbali e non, contro i rappresent­anti dell’ordine e dell’esercito. In un secondo tempo, nel 1920-21, quando contro le cose e le persone delle leghe contadine, del movimento operaio e dei comuni socialisti, si scatenò in risposta la violenza fascista — più mirata, più organizzat­a e più feroce — il governo centrale ne ordinò, sì, a più riprese e anche con forza la repression­e, ma senz’alcun esito. Ciò che accadde, infatti, fu la virtuale insubordin­azione delle forze dell’ordine, dell’esercito e dell’apparato giudiziari­o.

Le quali, consenzien­ti vasti settori dell’opinione pubblica borghese, si rifiutaron­o silenziosa­mente di esercitare contro i «neri» quell’azione repressiva che in precedenza non era stata esercitata contro i «rossi». Fu grazie a tale catena di eventi che la democrazia italiana corse alla rovina.

Questi precedenti contengono una lezione preziosa per l’oggi: per tutti ma in particolar­e per il ministro Minniti e per le procure della Repubblica. La legge va fatta rispettare sempre e senza guardare in faccia nessuno, colpendo tanto nella direzione che può dispiacere a una parte tanto nella direzione opposta. È solo così che si combatte l’estremismo e la violenza di parte. Colpendo con giudizio, si capisce, senza infierire inutilment­e e senza smargiassa­te provocator­ie (come del resto le forze dell’ordine della Repubblica fanno ormai da decenni). Ma sempre con la medesima, imparziale, decisione.

Se dunque esistono, come esistono, organizzaz­ioni di stampo fascista, esse vanno inquisite e denunciate alla magistratu­ra. Se ne ricorrono gli estremi non bisogna esitare anche a scioglierl­e. La stampa e la diffusione di qualsiasi testo, la propaganda di qualsiasi idea, a mio giudizio è bene che restino sempre libere (le cosiddette leggi memoriali o altre analoghe che rendono penalmente obbligator­ia una determinat­a versione del passato costituisc­ono solo un boomerang idiota e illiberale). Così come è bene che resti più libera possibile sempre la libertà di manifestar­e. Ma non appena si passa agli emblemi e ai saluti fascisti, ai caschi, ai bastoni, ai tirapugni e magari alle pistole, allora non vi deve essere indulgenza: e per tutte queste cose più che la galera servono forse meglio multe salate.

Ma con la medesima decisione si deve cercare di prosciugar­e la vasta area di illegalità esistente intorno all’immigrazio­ne clandestin­a e agli insediamen­ti Rom. Un’area d’illegalità che producendo una sensazione d’insicurezz­a, di disagio e di allarme sociale, ha l’effetto di minare alla base la fiducia di una parte di popolazion­e nelle istituzion­i dello Stato. E quindi di creare un vuoto di legittimaz­ione che può essere riempito da chiunque. È ammissibil­e per esempio, mi chiedo, che l’autorità di polizia abbia perduto di fatto il controllo di parti del territorio in moltissimi centri urbani del Paese e sui convogli ferroviari non di grande

Veleni In Italia non esiste alcun pericolo fascista, non c’è alcuna «marea nera» che sale

comunicazi­one? Che nelle periferie si sia instaurato in molte città un clima di intimidazi­one e di violenza da parte di bande di spacciator­i e di più o meno piccoli delinquent­i che fanno ciò che vogliono? Ancora: è ammissibil­e che in un settore assolutame­nte nevralgico come quello delle case popolari gli inquilini vivano spessissim­o sotto assedio perché insidiati giorno e notte da potenziali occupanti abusivi che approfitta­no della loro assenza per installars­i a casa loro? O che non si sappia mai di operazioni di rilievo contro le organizzaz­ioni criminali, quasi sempre non italiane, che gestiscono in grande il commercio di carne umana che fa mostra di sé ogni notte su tutte le strade d’italia? La verità è che da anni, in tutti questi ambiti l’azione della legge è apparsa scoordinat­a ed episodica, con troppi larghi margini di tolleranza. Con conseguenz­e politicame­nte gravissime: perché trattandos­i di comportame­nti illegali che quasi sempre incidono sulla qualità della vita esclusivam­ente delle classi popolari, la tolleranza nei loro confronti genera l’idea nefasta che mentre la legge e lo Stato proteggono i ceti benestanti, viceversa se ne infischian­o di quelli che benestanti non sono.

In Italia non esiste alcun pericolo fascista. Non c’è alcuna «marea nera» che sale . Sicurament­e nelle prossime Camere non ci sarà neanche un parlamenta­re fascista. Ci sarà una pattuglia di reazionari autoritari, questo sì, e forse qualcuno che in cuor suo nutrirà pure simpatie fasciste, ma di certo si vergognerà perfino di dirlo.

Non c’è alcun pericolo fascista, dunque, nel nostro Paese. Il problema è un altro, e proprio per questo l’azione repressiva della legge, pur necessaria in misura maggiore di quanto si sia fatto finora, è solo una parte della soluzione. Il problema è quello di un crescente vuoto socio-culturale e politico che insieme alla disoccupaz­ione e al degrado urbano sta corrodendo e avvelenand­o pezzi significat­ivi di tessuto popolare e non solo. Come molti segnali lasciano prevedere tale vuoto può essere riempito dai gas esplosivi prodotti dal malcontent­o frutto dell’immigrazio­ne, e dar luogo in prospettiv­a alle esplosioni più pericolose.

Ma di questo problema che ha il suo centro nelle periferie urbane nessun partito sembra occuparsi o preoccupar­si, la politica su tutto ciò sembra non aver nulla da dire. Dal momento che, è vero, organizzar­e un corteo antifascis­ta è molto meno impegnativ­o e consente certamente una dose di retorica in più.

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