Ombre sul capo di staff «violento» Trump lo loda
WASHINGTON Rob Porter se ne va pubblicamente rimpianto da Donald Trump: «Ha fatto davvero un grande lavoro qui, spero abbia una grande carriera davanti a sé». Poi il presidente, rivolto ai giornalisti, ha aggiunto: «Ci ha sempre detto di essere innocente e questo penso dovreste ricordarlo». L’altra sera il capo della segreteria è uscito per l’ultima volta dal suo ufficio a pochi passi dallo Studio Ovale con il marchio di un uomo violento, stando alle denunce delle sue due ex mogli. Una di loro ha diffuso una foto in cui è ritratta con un occhio nero: opera di Porter. La sua uscita ha innescato un’altra crisi nel cuore della Casa Bianca. I parlamentari democratici e diverse associazioni per
la difesa dei diritti delle donne chiamano in causa la responsabilità, innanzitutto del capo dello staff, l’ex generale John Kelly. Era al corrente delle accuse contro Porter fin dall’autunno scorso, ma le ha ignorate, arrendendosi solo qualche giorno fa, dopo la diffusione delle interviste rilasciate dalle due ex consorti, Jennifer Willoughby e Colbie Holderness. Oltre a Kelly anche altri due consiglieri sono sospettati di aver nascosto, soprattutto al presidente, i sospetti su Porter. Uno è Don Mcgahn che sarebbe stato a conoscenza della vicenda fin dal gennaio 2017, quando l’fbi cominciò a indagare su Rob. L’altra è Hope Hicks, direttrice della comunicazione, che da ultimo avrebbe cominciato a frequentare assiduamente Porter. Tanto che a un certo punto Hope sarebbe stata costretta a «auto escludersi» dalla vicenda, come ha riferito l’altro giorno il vice portavoce Raj Sha. Il caso Porter, dunque, può diventare l’incidente che rimette in discussione l’assetto complessivo del team guidato da Kelly. Alcuni commentatori e diversi parlamentari danno per scontate le dimissioni dell’ex generale. Così Trump riprenderebbe piena libertà di manovra.