Corriere della Sera

La morte del medico e l’ombra di Provenzano I pm: non c’è la prova

Roma chiede l’archiviazi­one: «Pentiti non credibili»

- Www.corriere.it (Foto Ipa)

ROMA La famiglia, affiancata da un nutrito gruppo di sostenitor­i e dall’avvocato ex pm antimafia Antonio Ingroia, continua a chiedere verità su una morte che considera più che sospetta: non una disgrazia né un suicidio bensì un omicidio, commesso da sicari di Cosa nostra e servizi segreti, per proteggere il boss Bernardo Provenzano e i suoi presunti indicibili patti con lo Stato. Domani, in coincidenz­a col quattordic­esimo anniversar­io, ci sarà una manifestaz­ione a Barcellona Pozzo di Gotto — provincia di Messina, terra d’origine di Attilio Manca, medico urologo trovato cadavere a 34 anni, vittima di un’overdose di eroina, nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio 2004 — per denunciare i troppi segreti che ancora pesano su quella fine misteriosa. Rilanciati da cinque pentiti di mafia.

Ma quelle dichiarazi­oni, sostiene adesso la Procura di Roma al termine di una lunga e articolata inchiesta, «conducono a piste, presunti autori e modalità del fatto del tutto contrastan­ti e incompatib­ili, sostanzial­mente prive di riscontri, non consentend­o allo stato di risalire agli autori del presunto omicidio di Attilio Manca». Ecco allora una richiesta di archiviazi­one, conclusion­e inevitabil­e per il procurator­e Giuseppe Pignatone, l’aggiunto della Direzione distrettua­le antimafia Michele Prestino e il sostituto Maria Cristina Palaia. In passato — tra il 2005 e il 2013, prima dei sospetti su Provenzano e Cosa nostra — per tre volte la Procura di Viterbo ha chiesto l’archiviazi­one. Le prime due il giudice delle indagini preliminar­i l’ha respinta ordinando nuovi accertamen­ti, la terza s’è arreso anche lui. Poi Ingroia ha presentato la denuncia a Roma, ipotizzand­o il coinvolgim­ento della mafia. Senza arrivare a risultati diversi, almeno per ora.

Il movente sarebbe nelle cure assicurate dall’urologo a Provenzano dopo l’operazione alla prostata subita a Marsiglia nel 2003 dal boss latitante; un omicidio mascherato con una overdose per togliere di mezzo un testimone scomodo. Tra i pentiti che supportano questa ricostruzi­one c’è il killer di camorra Giuseppe Setola, il quale «con andamento sconnesso e poco chiaro» ha tirato in ballo il capomafia barcellone­se Giuseppe Gullotti. Tuttavia l’attendibil­ità di Setola «non può resistere a alcun vaglio», dicono i pm romani al pari dei colleghi napoletani che indagano sui fatti di camorra. Un altro collaborat­ore, Giuseppe Campo, va nella stessa direzione chiamando in causa un cugino della vittima, Ugo Manca; mancano però «riscontri esterni», nonché elementi per affermare che il cugino e altri sicari indicati da Campo fossero a Viterbo il giorno della morte dell’urologo.

Un terzo pentito, Cosimo D’amico, sostiene invece che «i paesani barcellone­si non c’entrano» e riferisce un coinvolgim­ento di servizi segreti e altri apparati che proteggeva­no la latitanza di Provenzano. Ipotesi in qualche modo avallata dal calabrese Nino Lo Giudice il quale — come in altre vicende legate alla cosiddetta trattativa Stato-mafia, ma lasciando forti dubbi sulla Tutte le notizie, le foto e i video sul nostro sito L’iter giudiziari­o propria affidabili­tà — chiama in causa la famosa «faccia da mostro», l’ex poliziotto Giovanni Aiello morto lo scorso anno. Ne ha parlato pure al processo Borsellino quater, offrendo una versione modificata che, concludono i pm romani, «non è suscettibi­le di alcun credito, nemmeno indiziario». Il palermitan­o Stefano Lo Verso, quinto pentito ex autista di Provenzano, ha fornito «supposizio­ni e ipotesi», senza fare il nome di Manca, «che non possono andare a riscontrar­e neppure altre dichiarazi­oni».

Conclusion­e: «Non è possibile provare in alcun modo un effettivo coinvolgim­ento di Manca nelle cure di Provenzano, da cui far derivare la necessità di eliminarlo, e ancor più contraddit­torie sono le risultanze in merito agli ipotetici autori». Né c’è modo di approfondi­re «la mancata spiegazion­e di alcuni particolar­i della complessa vicenda» legata alla fine dell’urologo, già vagliata nelle precedenti inchieste che non hanno sciolto tutti i dubbi. Per la Procura antimafia di Roma il caso è chiuso, ma è presumibil­e che l’avvocato Ingroia (insieme al collega Fabio Repici) si opporrà chiedendo al giudice nuove indagini. In contrasto col procurator­e Pignatone e l’aggiunto Prestipino, come ai tempi di antichi dissidi quando erano tutti pubblici ministeri a Palermo.

L’urologo Manca Secondo la famiglia avrebbe curato il boss durante la latitanza: «Poi lo hanno ucciso»

 ??  ?? 1Manca venne rinvenuto cadavere con due piccoli fori nel polso sinistro. Sul pavimento fu trovata invece una siringa e nel sangue tracce di eroina Dal 2005 al 2013 Le archiviazi­oni 2Due richieste dei pm sono state respinte dal gip che ha ordinato nuovi accertamen­ti. La terza volta è stato lo stesso gip di Viterbo ad archiviare Anche per Roma caso da archiviare 3Ora anche la Procura antimafia di Roma chiede l’archiviazi­one: «Niente riscontri alle parole dei pentiti, non si può risalire agli autori dell’omicidio» Il mistero Attilio Manca, originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) fu trovato morto nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio 2004 . Aveva 34 anni. Il decesso fu attribuito a una overdose di eroina. Per la famiglia invece la morte sarebbe da ricollegar­e all’operazione alla prostata a cui, nel 2003 a Marsiglia, si sottopose il boss Bernardo Provenzano
1Manca venne rinvenuto cadavere con due piccoli fori nel polso sinistro. Sul pavimento fu trovata invece una siringa e nel sangue tracce di eroina Dal 2005 al 2013 Le archiviazi­oni 2Due richieste dei pm sono state respinte dal gip che ha ordinato nuovi accertamen­ti. La terza volta è stato lo stesso gip di Viterbo ad archiviare Anche per Roma caso da archiviare 3Ora anche la Procura antimafia di Roma chiede l’archiviazi­one: «Niente riscontri alle parole dei pentiti, non si può risalire agli autori dell’omicidio» Il mistero Attilio Manca, originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) fu trovato morto nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio 2004 . Aveva 34 anni. Il decesso fu attribuito a una overdose di eroina. Per la famiglia invece la morte sarebbe da ricollegar­e all’operazione alla prostata a cui, nel 2003 a Marsiglia, si sottopose il boss Bernardo Provenzano
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