Rovereto, capitale italiana del Bitcoin «Ma non è più come prima»
Anche gli stipendi in criptovaluta
La prima birra costava un euro della vecchia moneta e gli fruttò 4.95 millibitcoin. Era il 28 gennaio 2015, e Gianpaolo Rossi l’aveva preso come un gioco.
«Non pensavo certo di fare i soldi. Vengo da fuori, da un paesino sopra Trento. Un mese dopo che avevo rilevato il locale non conoscevo ancora nessuno. Un giorno sento due tipi che parlano di questa cosa, la criptovaluta. Mi inserisco nella conversazione. Ed eccoci qui». L’aperitivo lo pagheremo appoggiando il cellulare su un codice a barre gigante che appare sulla schermata del computer sopra la cassa. Gianpaolo e il suo Mani al Cielo wine bar, in piazza Malfatti, nel centro di Rovereto, sono stati i pazienti zero. Uno dei «due tipi» infatti era uno sviluppatore di Inbitcoin, la società fondata da Marco Amadori, 41 anni, studi universitari americani, l’idea di trasformare Rovereto e dintorni nella Bitcoin valley d’italia, «e perché no, anche d’europa», come dice lui.
La Vallagarina conserva ancora il suo nome. Ma con i suoi 73 punti pagamento contro i 35 di Roma e i 39 di Milano, quarantacinque dei quali esercizi commerciali, con sette delle dodici macchinette italiane che permettono la conversione degli euro in criptovaluta, la città della Quercia è senz’altro la capitale italiana della moneta virtuale. La prossima settimana verrà inaugurato un centro di design e comunicazione che diventerà la prima azienda italiana che fatturerà per intero in Bitcoin. «Ciclo economico chiuso, senza una banca di mezzo» esulta Amadori, che a Natale ha pure aperto un «Comproeuro», il primo spazio fisico dove è possibile scambiare la valuta corrente con i Bitcoin. «Come i negozi del Compro oro, dove si portano antichi monili e vecchi oggetti preziosi per ricevere in cambio un valore più moderno. La stessa cosa, in chiave Bitcoin».
La sede è in via Rialto, a due passi dal Mani al cielo. Il centro di Rovereto è una specie di miglio d’oro del Bitcoin, perché sarà anche vero che molti sono stati convinti dall’infaticabile lavoro di propaganda dei «Bitcoin Angels» di Amadori, ma mentre tutto il mondo si fa domande serie sulla bolla speculativa della criptovaluta e gli analisti si lanciano in previsioni sulla data della sua definitiva implosione, qui è possibile fare la spesa, bersi una birra, mangiare una pizza, andare dall’estetista o in lavanderia, comprare videogames, noleggiare una bici o un motorino, iscriversi al Golf club. E poi l’ottico, la scuola guida, il bar tabacchi, il benzinaio, persino i buoni pasto delle scuole dell’intera valle. Sempre pagando in Bitcoin.
«E chi non li sa usare, lo mandiamo all’accademia che apriremo a Pordenone, dove terremo corsi di laurea e piani didattici». La fiducia di Amadori nelle magnifiche e progressive sorti della moneta digitale non conosce limiti e non può essere scalfita dalle recenti disavventure finanziarie della «sua» moneta. «Certo che il Bitcoin perderà ancora, può succedere. E l’euro continuerà ad esserci. In fonsolo