Ubi, torna il profitto per 690 milioni Meno sofferenze
Ubi torna all’utile nel 2017: ha chiuso l’esercizio con un risultato positivo per 690,6 milioni a fronte di una perdita della banca «stand alone» di 830,2 milioni nel 2016. Al netto delle componenti non ricorrenti l’utile è stato di 188,7 milioni contro i 474,4 milioni di “rosso” nel 2016. Ai soci verrà proposto un dividendo di 11 centesimi in linea con il precedente esercizio. La banca accelera poi sul “derisking”: il consiglio ha deciso la vendita nei prossimi tre anni di un pacchetto significativo di crediti deteriorati per ridurre, tra il 2019 e il 2020, sotto il 10% il rapporto tra crediti deteriorati lordi e quelli totali, in funzione delle condizioni di mercato.
La banca, ha sottolineato l’amministratore delegato Victor Massiah, sta cercando di seguire una «via bilanciata» sul tema npl (non performing loan). «Tutti sul mercato (e ancor più le autorità di vigilanza) si stano orientando verso un’accelerazione» dello smaltimento dei crediti deteriorati, ma «per le banche in buono stato di salute è una questione di misure: se da un lato bisogna accelerare, e ci mancherebbe altro, nella riduzione degli npl, dall’altro non bisogna svenderli, perché ciò comporterebbe una distruzione di valore che danneggerebbe gli azionisti».
«Il 2018 ci dovrebbe portare un incremento estremamente significativo della redditività e quindi un’ulteriore realizzazione del piano industriale che abbiamo presentato». «Avere realizzato tutti i progetti previsti per il 2017 e avere adottato il principio Ifrs9 in termini di “first time adoption”, ci permette di creare le condizioni per un 2018 estremamente favorevole». Tra gli obiettivi futuri, dopo il completamento della migrazione di Carichieti, attuale Banca Teatina, «che verrà realizzata entro febbraio», Massiah prevede «una crescita su tutte le variabili più importanti».
Per quanto riguarda eventuali passi di ulteriore crescita esterna, «Ubi ha di fatto concluso l’incorporazione delle tre good bank e dunque non è nella necessità di dedicarsi all’integrazione delle ex Banca Marche, Etruria e Carichieti che ci fermerebbe in caso di opportunità di nuove acquisizioni», ha detto Massiah, precisando però che non vi è alcun «dossier aperto» sul tavolo. «Ho già detto che è inevitabile una ulteriore fase di consolidamento e che si creeranno tre-quattro grandi banche leader ma questo può avvenire in un anno come in cinque, nessuno lo sa».