Scorie nucleari, si dimette il presidente dei sindaci Sogin
«Motivi personali» nell’addio di Voci ma in passato non aveva risparmiato critiche alla gestione dei rifiuti
Un dossier a lungo passato sotto silenzio quello della Sogin, la società di Stato che ha il compito di smantellare le vecchie centrali nucleari italiane. Un percorso lungo e accidentato a carico delle bollette elettriche degli italiani, partito nel 2001 e che dovrebbe concludersi dopo tanti rinvii nel 2036 (ma ci sono molti dubbi).
Ora il faldone si arricchisce di un altro tassello, si vedrà quanto rilevante: si è dimesso ieri il presidente del collegio sindacale, Pietro Voci, rappresentante della Ragioneria. Ufficialmente per motivi personali e di salute, anche se non è un mistero che nel recente passato Voci si sia più volte espresso in modo critico nei confronti delle gestioni della società, controllata al 100% dall’economia e sottoposta alla supervisione dello Sviluppo. Lo aveva fatto nel maggio del 2016 scrivendo a Pier Carlo Padoan, Carlo Calenda e al sottosegretario Claudio De Vincenti, mostrando loro le carenze della gestione dell’allora amministratore delegato Riccardo Casale. Lo ha fatto anche nel novembre scorso, segnalando le criticità da lui ravvisate nell’operato dell’attuale capoazienda Luca Desiata. Classe 1956, Voci ha un passato di «grand commis» dello Stato, che parte dalle Partecipazioni Statali e arriva fino ai ruoli ispettivi a lungo ricoperti nel ministero delle Finanze.
A Padoan e a Calenda, poche settimane fa, aveva ricordato i ritardi delle attività di smantellamento (alla media attuale altri 33 anni di lavori) e gli aumenti dei costi (solo per far funzionare l’azienda servono 130 milioni di euro l’anno). Ma non solo: si era soffermato anche sulla questione della rescissione del contratto con la Saipem per il trattamento dei rifiuti liquidi radioattivi di Saluggia. Un caso unico, visto che due aziende controllate direttamente o indirettamente dallo Stato si trovano in tribunale, dove pende una richiesta di risarcimento danni (della Saipem alla Sogin) di circa 110 milioni di euro. Voci avrebbe consigliato, secondo fonti interne, di trovare una soluzione transattiva. Non ultimo, anche il caso del trattamento delle resine e dei fanghi radioattivi di Caorso, aggiudicato a una società slovacca (Javis Jandrova) ma fermo dopo due anni: i rifiuti nucleari sono nel sito piacentino in attesa del via libera dell’autorità di controllo slovacca. Questioni delicate non solo sul fronte della gestione ma anche della stesura del bilancio 2017 e sul conseguente prelievo in bolletta.
«Motivi personali» o meno, questa la situazione in cui versa la società del «decommissioning», mentre si attende la promessa pubblicazione della «Carta» delle aree che potrebbero ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti. Una realizzazione che rientra nei compiti di questa Sogin.