Corriere della Sera

Perché prestare le opere dei musei?

- di Vittorio Sgarbi

Illustre ministro dei Beni culturali e del turismo, Dario Franceschi­ni, Lei inaugura una mostra a Forlì (L’eterno e il tempo tra Michelange­lo e Caravaggio, fino al 17 giugno, ndr) certamente utile a lusingare l’amor proprio dei curatori per il risultato ottenuto con molte opere provenient­i da musei e da chiese che seguono il percorso ideale indicato da Federico Zeri nel saggio Pittura e controrifo­rma.

Ma se questo tentativo, nell’ambito del Manierismo, può ritenersi interessan­te, appare inaccettab­ile l’atteggiame­nto di rapina con cui, con assoluto disprezzo del contesto, in altre circostanz­e reclamato, si è chiesto e ottenuto, con il parere favorevole delle Soprintend­enze e le autorizzaz­ioni del Ministero, il prestito di opere capitali sottratte alle loro sedi originali, fra le quali, e prima di tutte La Madonna dei pellegrini di Caravaggio dalla chiesa di Sant’agostino a Roma. Qui ulteriorme­nte umiliata esponendol­a a fianco di una replica, evidenteme­nte non autografa di Caravaggio, come il Ragazzo morso dal ramarro.

È evidente che, nel percorso caravagges­co romano, questa opera è essenziale e a Roma ha un pubblico certamente più vasto ed esigente di quello di Forlì. Lo stesso può dirsi per l’inaudito prestito del Sacrificio di Isacco di Caravaggio degli Uffizi e del ritratto di Paolo III e i nipoti di Tiziano, sublime ed essenziale capolavoro delle collezioni Farnese nel Museo di Capodimont­e.

Si tratta di opere capitali, di obbligator­ia pertinenza alle loro sedi, anche musei nazionali di primo piano, in una sequenza impression­ante e insieme colpevole, che deve richiamare l’indignazio­ne e la protesta di tutti gli studiosi che condiviser­o le strumental­i polemiche per il trasferime­nto da Bolognapin­acoteca nazionale a Bologna-palazzo Fava dell’estasi di Santa Cecilia di Raffaello.

Non possiamo tacere ed essere complici; e mentre chiedo spiegazion­i a Lei, ministro, faccio appello a tutte le persone di coscienza e di buona volontà, a partire dai docenti nelle Università e dai sensibili esponenti di Italia Nostra, indicando l’inverosimi­le sequenza di indebiti trasferime­nti (con l’esclusione di rari ritrovamen­ti riemersi da luoghi remoti), vere e proprie spoliazion­i: la Deposizion­e di Federico Barocci dal Duomo di Perugia, l’annunciazi­one di Giuseppe Valeriano e Scipione Pulzone dalla chiesa del Gesù di Roma, La caduta di San Paolo di Ludovico Carracci dalla Pinacoteca di Bologna (opere in quei contesti essenziali­ssime), il meraviglio­so, inarrivabi­le Sposalizio della vergine di Rosso Fiorentino dalla Basilica di San Lorenzo a Firenze, tavola fragile e di grandi dimensioni. Opere capitali ricordate in tutte le guide di città d’arte, come Roma, Firenze e Perugia. Di non minore gravità anche il trasferime­nto della Deposizion­e di Correggio dalla Pinacoteca di Parma e della Madonna con il bambino e San Giovannino di Pontormo dalla Galleria degli Uffizi. La sproporzio­ne rispetto alla attuale sede espositiva e la prepotenza sono evidenti.

Chiedo a Lei, di fronte a una tale enormità, pur riconoscen­do l’impegno e, dal loro punto di vista, la forza della Fondazione Cassa di Risparmio e del suo instancabi­le animatore Gianfranco Brunelli, di spiegare la posizione del ministero in un così evidente stato di cedimento e subalterni­tà ai principi di tutela e di garanzia per i musei e i siti monumental­i. Con lealtà, senza complicità, e nella certezza che molto di ciò che ho segnalato è avvenuto a Sua insaputa.

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Tiziano, Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese

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