La nostra portabandiera «senza paura» Molti atleti spaventati dai -15
«Siete carichi?» PYEONGCHANG grida Arianna Fontana alla compagnia dei celestini quando tocca a noialtri, ragazzacci from Italy, grattare via un pezzettino di storia dalla cerimonia dell’iconica stretta di mano tra le due Coree. L’iran ha appena sfilato, dietro preme Israele, fuori soffia un vento gelido, il conto alla rovescia del protocollo è implacabile. Tocca affrontare -15 a testa nuda, e Arianna sembra intimorita. L’urlo che le torna indietro dal gruppo è un ruggito. L’atomica bionda afferra l’asta della bandiera come certe curve tutte un ruzzolone del suo short track. E va.
Facciamo la nostra figura, eleganti in Armani e generosi di telefonini, denti bianchi, emozioni. La cerimonia d’inaugurazione dell’olimpiade, qualsiasi Olimpiade, è una festa mobile che ruota in tondo, infatti a volte fa girare la testa: «Con il tricolore tra le mani non ho più paura di nulla» dice Arianna prima di tornare al villaggio olimpico (oggi qualificazioni dei 500 m), lasciandosi alle spalle l’abbraccio tra Nord e Sud che ha ridisegnato la forma di questa penisola, un invasore fermato in pista dalla security prima che rovinasse l’atmosfera di pace, i sosia di Trump e Kim Jong-un, i bermudiani in bermuda, il tongano Pita Taufatofua a petto nudo nonostante il freddo (ma meno unto che a Rio 2016, dove praticava taekwondo prima di riconvertirsi allo sci di fondo) e il solito hellzapoppin di keniani spaesati, bobbiste nigeriane tutte sorrisi, malgasci fuori contesto.
È un party colorato, moderno senza tradire le tradizioni sudcoreane, trainato da cinque bambini che partono per un viaggio nel tempo e si ritrovano al centro del mondo.