«Facciamo innovazione» E Lanieri apre ai bitcoin
«Per un’azienda italiana aprire al bitcoin significa essere aggiornati su un trend tecnologico passato dalla nicchia alla massa. Per noi, poi, è un posizionamento strategico perché ci teniamo a trasferire tutte le tecnologie nuove nel nostro business: dall’apprendimento intelligente delle macchine ai software, fino, appunto, alla nuova moneta». Non c’è spazio per i dubbi nelle idee di Simone Maggi, ingegnere informatico poco più che trentenne che, insieme all’amico l’ingegnere gestionale Riccardo Schiavotto, ha fondato a Biella nel 2013 a Lanieri, specializzata nella vendita online di moda di lusso (made in Italy e su misura) che è la prima azienda fashion tech italiana e nel mondo ad aggiungere i tanto chiacchierati bitcoin come metodo di pagamento. Scommessa che, se si rivelasse vincente, potrebbe incrementare il giro d’affari del gruppo, 4 milioni nel 2017, raddoppiando il risultato dell’anno precedente. «Puntiamo — spiega Maggi — a conquistare la clientela internazionale, ma anche italiana, visto che nel periodo pilota dell’apertura al bitcoin Lanieri ha fatturato 30 mila euro, con transazioni (ticket medio 600 euro)
che arrivano in primo luogo dall’italia. Gente che investe già nella criptomoneta e che guarda al mercato del lusso come opportunità per spendere i propri bitcoin».
Ma perché solo i bitcoin e non anche le altre monete digitali, tipo Ethereum (la moneta di JP Morgan e Microsoft), Iota, Ripple, Eos, solo per citare le più famose? «Questo limite tecnico non dipende da noi, ma dalla piattaforma (Bitpay) che ci permette di trasferire la valuta bitcoin in euro o in dollari. Certo, la parte contabile è un po’ complicata: quando abbiamo comunicato l’idea al commercialista si è messo le mani nei capelli. Ma questo, non vuol dire che non sia possibile farlo».