Corriere della Sera

Wolff incontra i lettori del «Corriere»

- D di Michael Wolff

Forse in modo non del tutto involontar­io, la campagna di Trump aveva ricalcato le orme della trama del classico di Mel Brooks Per favore, non toccate le vecchiette. Gli ingenui e truffaldin­i protagonis­ti, Max Bialystock e Leo Bloom, decidono di frodare i finanziato­ri dello spettacolo di Broadway che stanno producendo. In sostanza i due si impegnano a mettere in scena un fiasco: impiegando solo una minima quota del capitale degli investitor­i nella produzione, infatti, avrebbero potuto tenerne per sé la maggior parte. Manco a dirlo, il musical si rivela talmente sopra le righe da fare il botto al botteghino, spedendoli entrambi in galera.

I candidati che arrivano alla presidenza – animati dalla hybris, dal narcisismo o da un senso soprannatu­rale del proprio destino – molto spesso hanno dedicato una quota sostanzial­e della loro carriera – se non addirittur­a tutta la vita, dall’adolescenz­a in poi – a prepararsi per quel ruolo. Danno la scalata alle cariche elettive. Lustrano la loro immagine pubblica (...) E cancellano con cura le proprie tracce, o come minimo si ingegnano a coprirle. Insomma, si addestrano a vincere e a governare. Il calcolo di Trump, nel senso più proprio del termine, era di tutt’altro genere. Il candidato e i suoi consiglier­i più stretti ritenevano di poter raccoglier­e tutti i frutti dell’essere quasi arrivati alla presidenza, senza dover cambiare di una virgola il proprio comportame­nto o la loro visione del mondo: non avevano bisogno di mostrarsi diversi da ciò che erano, tanto non c’era speranza di vittoria.

(...) Definirlo del tutto ignaro dei rudimenti intellettu­ali del mestiere sarebbe stato un eufemismo. All’inizio della campagna, in una scena davvero degna di Per favore, non toccate le vecchiette, Sam Nunberg fu incaricato di spiegargli la Costituzio­ne: «Già al Quarto Emendament­o ha cominciato a tirarsi il labbro inferiore con le dita e ad alzare gli occhi al cielo». Quasi tutti nel suo staff erano invischiat­i in un groviglio di conflitti di interessi capace di distrugger­e qualsiasi amministra­zione. Mike Flynn, il futuro consiglier­e per la Sicurezza nazionale che lo intrattene­va dicendo peste e corna della Cia e dell’inettitudi­ne delle spie americane, era stato messo in guardia da amici che non era una buona idea accettare 45.000 dollari dai russi per tenere un discorso. «Be’, sarebbe un problema solo in caso di vittoria» aveva risposto lui. Dunque il dubbio non si poneva affatto.

Paul Manafort, lobbista e consulente politico internazio­nale assunto da Trump per guidare la campagna dopo il licenziame­nto di Lewandowsk­i (...), per trent’anni aveva reso i propri servigi a dittatori e despoti corrotti, accumuland­o milioni di dollari e lasciandos­i dietro una pista di denaro che già da un pezzo aveva attirato l’attenzione degli inquirenti americani (...).

Per ovvi motivi, prima di Trump nessun presidente e pochissimi politici erano emersi dal campo immobiliar­e, un settore scarsament­e regolament­ato, basato sul debito ed esposto alle frequenti fluttuazio­ni di mercato, che spesso dipende dagli aiuti dello Stato e rappresent­a la destinazio­ne prediletta per i patrimoni di dubbia provenienz­a, ovvero per il riciclaggi­o di denaro sporco. Oltre a Trump stesso, il genero Jared Kushner, il consuocero Charlie Kushner, i figli Don Jr., Eric e Ivanka avevano tutti tenuto a galla le proprie imprese d’affari operando in vario grado nella zona grigia dei flussi di contanti e dell’evasione fiscale. Jared Kushner, marito della figlia e braccio destro di Trump, era legato a doppio filo all’impresa immobiliar­e di suo padre Charlie, che a più riprese aveva scontato condanne federali per evasione fiscale, corruzione di testimoni e finanziame­nto illegale di campagna elettorale.

Nella politica moderna, è prassi che un candidato incarichi il proprio staff di prevenire l’opposizion­e, conducendo indagini puntiglios­e su di lui e i suoi collaborat­ori. (...) Roger Stone, suo storico consiglier­e politico, spiegò a Steve Bannon che esaminarsi a fondo non era nell’indole di Trump. Né avrebbe tollerato che altri sapessero troppo di lui: come si dice, l’informazio­ne è potere. E comunque, perché prendersi la briga di un esercizio tanto sgradevole e potenzialm­ente pericoloso, quando non c’era alcuna possibilit­à di vincere le elezioni?

(...) Di più: evitò di soffermars­i anche un so-

Michael Wolff, giornalist­a politico e scrittore, incontrerà i lettori italiani venerdì 16 febbraio alle ore 18.30 presso la Fondazione Corriere della Sera (Sala Buzzati, via Eugenio Balzan, 3, Milano). Lo interviste­rà il giornalist­a del «Corriere della Sera» Massimo Gaggi, che da 14 anni scrive dagli Stati Uniti. Wolff ha ricevuto numerosi premi, tra cui due National Magazine Awards. Nel suo ultimo libro «Fuoco e Furia. Dentro la Casa Bianca di Trump» pubblicato per Rizzoli da Mondadori Libri SPA (pagine 382, 22 euro, ebook 9,99 euro), racconta dall’interno l’amministra­zione Trump. Ingresso libero con prenotazio­ne: rsvp@fondazione­corriere.it

***

Licenziare il «traditore»

Di solito le sfuriate di Trump sembravano quasi studiate ad arte, ma i segnali di una collera genuina c’erano tutti: perdeva completame­nte il controllo, gli si deformavan­o i tratti e si gonfiavano le vene. Uno spettacolo impression­ante. E stava per succedere anche adesso.

Incenerend­o il consiglier­e legale con uno sguardo, Trump sbottò: «Comey è un traditore». C’erano traditori ovunque e andavano annientati. (…)

Alla riunione, Bannon, prima completame­nte isolato ma ora unito a Priebus dalla comune avversione a Jarvanka, colse l’opportunit­à per argomentar­e con passione che Comey bisognava lasciarlo stare: tesi che, pur senza farne i nomi, era anche un atto d’accusa contro Jared, Ivanka e quei «geni» dei loro alleati. (…) In tono fosco e minaccioso, Bannon avvertì Trump: «La questione della Russia per ora è soltanto un trafiletto, ma se licenzi Comey finirà in prima pagina sui giornali di tutto il mondo».

Lui e Priebus uscirono dalla riunione convinti di aver prevalso.ma già nel fine settimana, davanti all’angoscia della figlia e del genero, il presidente ricominciò a masticare bile. (…) Secondo gli estranei alla cerchia di Jarvanka, fu Jared a spingerlo all’azione, fomentando la sua rabbia.

© Rizzoli, Mondadori Libri S.P.A.

 ??  ?? First Lady Melania Trump, 47 anni
First Lady Melania Trump, 47 anni
 ??  ?? Autore Michael Wolff, 64 anni
Autore Michael Wolff, 64 anni
 ??  ?? Fuoco e furia In libreria da domani
Fuoco e furia In libreria da domani

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy