Elena, dai buchi neri alla missione in Antartide (tutta al femminile)
La prof italiana: «Scelta grazie a un video di mio figlio»
«Prof, dov’è l’antartide?». Ai suoi studenti che non lo sapevano, Elena Joli, 48 anni, fisica teorica e da dieci anni insegnante all’istituto tecnico per geometri «Garibaldi/da Vinci» di Cesena, dove sia il Polo Sud lo spiegherà fra tre settimane. Un ripasso di geografia al ritorno da un viaggio che sembra una specie di sogno — «il più emozionante della mia vita professionale» —, una missione scientifica al femminile composta da ottanta donne, ricercatrici, docenti e giornaliste provenienti da ogni parte del mondo. Si salpa oggi in Argentina a bordo della «Ushuaia», la nave che ha lo stesso nome della città più a Sud dell’emisfero australe da cui prende il via la spedizione. Poi si lambiranno i ghiacciai antartici. L’obiettivo della fondazione australiana «Homeward Bound», organizzatrice dell’iniziativa, alla seconda edizione, «è quello di promuovere la visibilità delle donne nel mondo della scienza — racconta Elena — e migliorare le politiche ambientali
L’obiettivo È quello di promuovere la visibilità delle donne scienziate e migliorare le politiche sul clima
sul clima».
Partecipare è stato frutto del caso: «Un anno fa un’amica francese mi ha segnalato questo progetto, io ho compilato la richiesta online. Il resto lo ha fatto mio figlio che ha girato la presentazione video in cui spiegavo perché avrei dovuto essere scelta: ho detto che credo molto nell’interazione umana e che, soprattutto, avrei voluto trasmettere il senso di quest’esperienza ai miei studenti».
Parole che devono aver convinto i selezionatori, tanto da avere scelto la prof italiana — con un curriculum sterminato: editor, pubblicazioni, un master in comunicazione in scienze anche se lei minimizza dicendo di «avere solo studiato fisica teorica e buchi neri» — tra oltre 700 domande.
L’adrenalina per la partenza è esplosa un mese fa, quando l’insegnante si è vista recapitare un pacco con la dotazione completa per affrontare il freddo antartico: «zaino, giubbotto e berretto». Mancavano soltanto gli stivali termici per affrontare le temperature sottozero dell’antartide, «ma quelli erano a Ushuaia: troppo ingombranti da spedire». Poi la preparazione vera e propria. Durante gli ultimi dodici mesi, il team di scienziate si è incontrato, — «riuscendo a conciliare 24 fusi orari...» — molte volte grazie a «conference call» su skype e hangout. Sono stati creati dei sottogruppi di lavoro su temi mirati, soprattutto i cambiamenti climatici e i suoi impatti: Elena lavorerà con altre dieci donne provenienti da Stati Uniti, Nuova Zelanda e Inghilterra. Poi ci sarà l’attività quotidiana, la visita alle stazioni scientifiche e gli incontri «con chi studia biologia marina, fisica nell’atmosfera, geomagnetismo, glaciologia continentale».
Per la professoressa, la rotta verso l’antartide non sarà solo una sfida, ma rappresenta in qualche modo un viaggio introspettivo: «Ho studiato fisica teorica per anni. A un certo punto, ho sentito il bisogno di confrontarmi con quello che accade intorno a me. Da questo punto di vista il Polo Sud è perfetto: un luogo terrestre, ma remoto, quasi esotico, un’avventura come la Divina commedia e l’odissea, che mio padre mi leggeva da piccola. A pensarci, è come andare su un buco nero». Il resto è «un’esperienza che mi arricchirà soprattutto come insegnante e da sviscerare in classe, ai miei ragazzi felicissimi per me ma anche dispiaciuti perché starò via qualche tempo». Con un sorriso, la prof ammette: «Sì, il ritorno sarà anche l’occasione per spiegare dove sia l’antartide a chi non lo sapeva...».