Corriere della Sera

Favino e il monologo che divide: tutti possiamo sentirci stranieri

Emozione in platea, critiche dal centrodest­ra. «Ma io non faccio politica» Il caso della parolaccia fuori onda

- Di Renato Franco

Sul palco Sopra, i vincitori del Festival di Sanremo. Da sinistra Lo Stato Sociale: Alberto Cazzola (33 anni), Francesco Draicchio (32), dietro in piedi Alberto Guidetti (32), Enrico Roberto (31) e Lodovico Guenzi (31). Hanno portato all’ariston «Una vita in vacanza» arrivata seconda. Poi Annalisa (32 anni) che si è classifica­ta terza con il brano «Il mondo prima di te». Infine Ermal Meta (36 anni) e Fabrizio Moro (42) primi con «Non mi avete fatto niente», brano contro il terrorismo

Ha dimostrato di avere talenti molteplici e svariati, una cifra brillante che molti non conoscevan­o, ma è con la cifra drammatica («in effetti reciticchi­o») che ha raccolto l’applauso più profondo: il monologo tratto da La notte poco prima delle foreste di Koltès è stato un momento intenso senza essere retorico, senza apparire come una scelta forzata nel codice musicale e leggero del Festival. A destra però l’intervento di Favino raccoglie dissensi, tra i più critici Salvini e Gasparri («penoso»).

«Ho portato questo spettacolo a teatro e ho invitato i miei compagni di Festival a vederlo. Sono stato io a chiedere se pensavano potesse essere un testo adatto a Sanremo e sono stati subito tutti favorevoli all’idea».

È un testo politico?

«Io non faccio politica, o meglio la faccio nella scelta delle cose che faccio. Ma sempre partendo dal presuppost­o che non sto sul piedistall­o con la corona di alloro in testa per dare lezioni».

Salvini si è lamentato: «Al Festival i terremotat­i fanno meno notizia dei migranti».

«In realtà quel testo non parla di migranti, ma di estraneità, del sentirsi straniero in un Paese. È un discorso che vale anche per tutti i ragazzi italiani che sono costretti ad andare a lavorare all’estero per trovare opportunit­à: è importante sentire di appartener­e a qualcosa, invece succede a tutti di sentirsi esclusi. È un Polemiche

● Sul monologo recitato da Favino a Sanremo è intervenut­o Gasparri (Forza Italia) su Twitter: «Penoso Favino»

● Per Salvini (Lega) al Festival «c’erano un sacco di canzoni che parlavano di immigrati. Magari l’anno prossimo ce ne sarà una che parla dei terremotat­i che sono italiani e dimenticat­i»

Ptesto che parla del lavoro e delle difficoltà che viviamo tutti i giorni; un brano scritto nel 1977, ma ancora attualissi­mo».

Spente le luci del Festival che sensazione le rimane addosso?

«Non riesco ancora a focalizzar­e le emozioni, è una sensazione strana, una stanchezza bella. Sono bersagliat­o da immagini che non riesco ancora a mettere in ordine. Ora mi passano davanti due fotografie: stare a gattoni sul palco con Claudio e l’abbraccio che ci siamo dati alla fine del monologo di sabato».

Si è preso una settimana prima di dire di sì a Baglioni.

«Sono felice di aver dato retta alla pancia e non alla testa: a un certo punto ho capito che ero titubante perché avevo paura del giudizio degli altri. Lì ho compreso che dovevo fare il Festival».

Cosa l’ha sorpresa di più di Baglioni?

«La sua generosità, la voglia er un po’ c’è stato il «caso parolaccia» a Sanremo. Al termine dell’esibizione di sabato sera sul tema degli «stranieri in patria», mentre uscivano di scena Pierfrance­sco Favino, Fiorella Mannoia e Claudio Baglioni , si è sentita giungere dal backstage una parolaccia. Chiarament­e un fuori onda: «siete tre str...». Il tutto documentat­o da un video che ha di mettersi al servizio dello spettacolo, anche a fare la spalla, lui che è una celebrità assoluta della musica».

E di Michelle Hunziker?

«Per me è stata una colonna, sapevo che potevo appoggiarm­i su di lei perché aveva lo scettro della conduzione. È ironica, simpatica, profession­ale: ha portato un modello di femminilit­à diverso e non decorativo».

Un suo pregio e un suo difetto?

«Il pregio credo sia la generosità, fatto il giro del web. Naturalmen­te è stata subito caccia al colpevole. A sciogliere il giallo ci ha pensato ieri lo stesso Favino, vittima dell’«epiteto»: «Era uno degli autori, particolar­mente commosso, che si è lasciato andare a quel commento. Era come dire “mannaggia a voi”, anche se la frase era più colorita. Ma era solo frutto dell’emozione del momento». il darmi nelle cose che faccio. Il difetto è che sono eccessivam­ente puntiglios­o e razionale».

Gli amici la chiamano Picchio, da dove nasce?

«È un soprannome che mi ha dato mio papà, per la mia vivacità. E da quando mio papà non c’è più sono ancora più legato a questo nome».

Cosa le piace della popolarità?

«L’affetto della gente, sarebbe ipocrita dire il contrario».

E cosa no?

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Gli italiani all’estero Il testo di Koltès vale anche per i ragazzi italiani costretti a lavorare all’estero

«So che la perdita della privacy è il prezzo inevitabil­e della popolarità: mi piace anche l’ombra, sono tendenzial­mente pudico e riservato».

Il medio e la mediocrità sono rimasti fuori dal Festival, eppure gli ascolti sono arrivati lo stesso.

«Io parto sempre dall’idea che chi ti guarda non è meno dotato di te. Sei tu che scegli di essere ascoltato dal pubblico e la tua forza deve essere saper comunicare per arrivare a tutti. Poi bisogna intendersi su cosa significhi popolare. Io penso che il testo di Koltès sia estremamen­te popolare».

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Attore Favino, 48 anni. In alto con Mannoia all’ariston

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