Come si combatte il freddo Dalle mutande termiche a cerotti e adesivi in faccia
Si va dall’antica saggezza montanara alle tecniche più moderne
PYEONGCHANG Dimenticate Sorella Kim, che se n’è tornata a Pyongyang dopo aver rubato la scena dell’inaugurazione olimpica e aver scaldato i cuori degli uomini e donne di pace. I Giochi ora sono ostaggio del gelo. Tutti, atleti e pubblico, sono alla ricerca di espedienti per riscaldarsi, perché le previsioni sono rispettate e Pyeongchang è sul punto di strappare a Lillehammer 1994 il record storico di freddo.
Siamo a -17 gradi ma per effetto del vento la sensazione di freddo è di -25, dicono gli organizzatori e annunciano che fino al 14, giorno di San Valentino, la temperatura continuerà a scendere. Consiglio del premuroso signor Sung Baik-you, portavoce del Comitato Pyeongchang 2018: «Vestitevi pesanti, non dimenticate guanti e cappello per mantenervi caldi». Grazie, ci avevamo pensato da soli, ricordando gli insegnamenti della mamma: maglia della salute, calzamaglia, e strati vari per creare l’effetto carciofo, vegetale che notoriamente resiste bene alle gelate.
Le squadre nazionali venute a giocarsi medaglie preziose sono nelle stesse condizioni, oscillanti tra rimedi da antica saggezza montanara e prodigi della nuova tecnologia. I quali comprendono il nastro adesivo su naso, zigomi e guance applicato dai digli scesisti e dai fondisti per evitare di bruciarsi il volto. La bella biathleta ceka Marketa Davidova si è fatta ammirare con due grossi quadrati di nastro isolante celeste sulle guance, che facevano pendant con il colore degli occhi. L’americano del gigante Tom ha scelto un cerotto tecnico che copre anche il naso, con la scritta Usa, ma è stato visto soffrire non poco, dopo le prove, per staccare l’applicazione antigelo. In realtà, l’azienda produttrice di questi adesivi speciali ammette di non essere ancora certa della loro efficacia: «Siamo alla fase sperimentale, servono altri test», ha detto la portavoce di KT Tape al New York Times. La ditta però si gode già il successo di un gadget che probabilmente diventerà di tendenza anche sulle nostre piste.
A 120 km all’ora
Con temperature di -17 scendere a 120 km all’ora è pericoloso per la pelle del viso
americani su queste montagne spazzate dal vento ci hanno fatto la guerra per tre anni, tra il 1950 e il 1953 e hanno accumulato esperienza. Oggi come allora usano i parka, però adesso per proteggere i loro atleti hanno aggiunto batterie termiche nell’imbottitura. Mutandoni a batteria per i canadesi. Il solito Ligety se ne è procurato un paio. Sono utili i nastri e le culottes «tecnici»? Siccome nella discesa libera si vince o si perde per millesimi, qualunque espediente che aiuti l’atleta a sentirsi meglio è utile, perlomeno psicologicamente, spiega il professore Mike Tipton, docente di Ambiente Estremo. E comunque, con questo freddo e vento, scendere a 120 km all’ora può bruciare la pelle e quindi ogni difesa isolante è benedetta.
Ci sono delle specie di fischietti tenuti tra le labbra da sciatori del fondo e del biathlon. Si tratta di «scambiatori di calore respiratorio» muniti di filamenti di alluminio all’interno che catturano il calore emesso dal respiro e temperano l’aria quando l’atleta inspira. Si evita così di sparare coltellate di gelo in gola e nei polmoni.
Ma non ci sono rischi di ipotermia e assideramento nelle gare a questo freddo? Fino a -25 no, assicurano i medici. Per non sbagliare, i norvegesi vanno avanti a cioccolata calda; dicono che se ne siano portati dietro una quantità industriale. Consiglio scientifico captato a un briefing a Pyeongchang: non concentratevi solo su mani e piedi, anche se sono le estremità a dare la sensazione di caldo e freddo; coprite bene la testa e il tronco, perché è lì la centrale che irrora polmoni e cervello.