Corriere della Sera

Il premier tra i manager cita i ministri ma non Renzi

- Monica Guerzoni

Hotel Parco dei Principi, mercoledì sera. Nella sala che un anno fa vide maturare la scissione del Pd ci sono oltre 300 persone tra manager, imprendito­ri, banchieri, profession­isti e 12 ambasciato­ri (Brasile, Turchia, Malta, Repubblica Ceca...). Sul palco c’è Paolo Gentiloni, che ha chiesto ai vertici del Canova Club un incontro «rigorosame­nte» a porte chiuse. «Il confronto con Emma Bonino era aperto — racconta un dirigente dell’associazio­ne — ma Palazzo Chigi ci ha obbligati a lasciare fuori i giornalist­i». In assenza di telecamere e taccuini il premier disegna, a colpi di elogi, un ideale tridente con Marco Minniti e Carlo Calenda, tralascia di citare Matteo Renzi e, scusandosi per la «sfacciatag­gine», chiede una mano alla platea: «Concedetem­i un piccolo spot. Se qualcuno di voi vive nel collegio di Roma 1, può votare per me». Gentiloni conferma che l’italia dei «piccoli passi» sta venendo fuori dalla crisi e, sulle banche, intona una nota di vanto: «Il tema non è popolare, ma a voi posso dire che sono orgoglioso di aver contribuit­o a salvare i risparmi di tanti correntist­i e azionisti». Sull’immigrazio­ne rivendica la strategia di Minniti per fermare gli sbarchi, difende l’accordo con la Libia («Ha portato frutti») e sciorina nuovi dati, per dimostrare quanto sia cresciuto il numero dei migranti incentivat­i a tornare nei Paesi di origine. L’altra punta del tridente è Calenda, al quale Gentiloni rivolge una lode via l’altra per la crescita degli investimen­ti, grazie al Piano impresa 4.0. La grande sintonia tra i due è cosa recente e si è andata rafforzand­o nelle ultime settimane, dopo che la «strage» di nonrenzian­i nelle liste elettorali ha raffreddat­o i rapporti del leader del Pd con Minniti e «il candidato nel collegio di Roma 1», per dirla con la formula coniata da Renzi. Oggi Calenda sarà all’iniziativa «Con Roma per Gentiloni», a conferma di un gioco di sponda che guarda al dopo elezioni. «Palazzo Chigi non è la mia partita e, se dovessi scegliere un premier, indicherei Paolo», ama ripetere Calenda. Berlusconi li tiene d’occhio e ieri ha definito il ministro dello Sviluppo «capace» e il premier «avveduto e gentile». In caso di stallo il leader di Forza Italia lascerebbe all’attuale premier la guida di un governo ponte verso nuove elezioni. E il segretario del Pd? «Qui Gentiloni ha parlato come se Renzi non esistesse...», sorride Dario Pasquariel­lo, segretario dell’ucid (Unione cristiana imprendito­ri dirigenti). Ma Roberto Giachetti a distanza smentisce rivalità: «Il ruolo che Paolo sta giocando è concordato con Matteo. Lui è per la squadra, non ha mai lavorato per fregare qualcuno». Minniti a Porta a Porta assicura che non ha nulla da rimprovera­re a Renzi: «Sulle liste si discute, poi c’è la partita elettorale in cui si combatte e si fa gioco di squadra». Ma il match è in salita e per Gentiloni, che stasera sarà a Otto e mezzo su La7 con Lilli Gruber e Paolo Mieli, l’affanno è dovuto alla scissione. «Se si addizionas­sero i valori di Leu a quelli del Pd — ha detto alla Süddeutsch­e Zeitung — staremmo dove eravamo prima».

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