I volantini (e la passione) smarriti
Girano sui social network le fotografie di un grande deserto pre-elettorale. Gli appositi spazi per i manifesti dei vari partiti? Desolatamente vuoti, o al massimo con un poster che pubblicizza l’arrivo di un circo, o i fasti di un nuovo centro commerciale specializzato nella vendita degli elettrodomestici. Viene quasi nostalgia per le strade seppellite dai volantini, per le cassette della posta intasate di inutili cartoncini con facce sconosciute che chiedono il tuo voto, persino i manifesti abusivi sui muri, il massimo dell’inciviltà. Ma almeno davano un segno vitale di competizione, di interesse, di lotta. Adesso invece sembra tutto già stabilito, spento, annoiato. Nelle stanze e stanzette dei vertici dei partiti hanno già calcolato i collegi vinti e quelli persi, e i pochi in bilico, ma senza conseguenze per i perdenti perché ci sono i paracaduti multipli del proporzionale bloccatissimo. Chi sa già di perdere si astiene da ogni impegno, figurarsi da quello finanziario. Chi sa già di vincere per merito di partito e non personale non si vede perché debba sprecare fatica e denaro. I partiti stessi non stanno messi bene, devono ridurre al minimo le spese, senza i rimborsi allegri e incontrollati della baldoria di prima. Il sistema delle preferenze aveva molti difetti e peccati, alcuni mortali. Ma aggiungeva qualcosa ai consensi di partito già acquisito. Attirava voti e non tutti erano marchiati dalla vergogna del voto di scambio. Magari poteva esserci in qualche fetta di elettorato stima per quella persona, fiducia, considerazione. Erano un valore aggiunto, come si dice. La stessa cosa, anzi forse qualcosa di più, nel sistema uninominale classico in cui il valore della persona stabiliva con l’elettorato un intreccio di simpatie e consensi che oltrepassavano la soglia dei partiti. Ci si spendeva per prendere voti. Oggi invece, con una scheda complicatissima che provocherà uragani di errori, Silvio Berlusconi arriva in televisione a «Porta a Porta» a implorare gli elettori di sbarrare il simbolo del partito e basta. Uninominale, adieu.