«Trasgressioni? Ma va, alle otto sono già a letto»
PYEONGCHANG La controrivoluzione dello snowboard è partita da Bergamo alta ed è arrivata a Pyeongchang. Se la cultura pop americana contemporanea ci ha tramandato la tavola da neve come il passatempo invernale dei maestri di surf (e viceversa), sesso canne e rock’n’roll, non è così che Michela Moioli intende la filosofia dello snowboard. «Il mio sport in tante occasioni è stato raccontato male» dice, sinceramente addolorata. Certo la squalifica per cannabis del canadese Ross Rebagliati, il primo oro dello snowboard a Nagano ’98 trovato positivo quando il fumo non era ancora stato inserito nella lista delle sostanze proibite (medaglia mai revocata), poi trasformato in icona dai talk show Usa, ha contribuito a tramandare ai posteri la leggenda degli hippies della neve, cui il totem Shaun White (terza medaglia d’oro in quattro Olimpiadi qui a Pyeongchang) appartiene di diritto.
«Niente di più sbagliato». Gli atti più trasgressivi della Miki sono il segreto del suo successo. Le ore a sfiancarsi di pesi in palestra con l’amica Goggia. Le passeggiate con il cane Rocco. L’ukulele che le ha regalato il preparatore atletico Matteo Artina: «Lo strimpello, e penso ad altro». Nemmeno la nomea dello snowboard cross come disciplina pericolosa (nonostante gli undici feriti della prova maschile) la convince del tutto. «Siamo veloci, non spericolati. Dietro una run olimpica ci sono anni di preparazione, fi-
sica e mentale, strategie, studio della pista». Nulla è lasciato al caso. Il fraintendimento, che lo stunz stunz dell’half pipe corrobora insieme a certe intemperanze dei campioni più celebri e all’estremizzazione dell’immagine dello snowboard scelta da molte aziende («Macché sport estremo, è alla portata di tutti!»), finisce con Moioli Michela from Italy, oro in Corea. «Miki è l’esempio da seguire: lo snow non è per scavezzacollo o sballati, ma per atleti veri — spiega il c.t. Pisoni —. La sua forza è paragonabile a quella di una sciatrice di alpino». Altro che rollarsi le canne.
La disciplina invernale più attraente non ha bisogno di cattiva pubblicità. Il reclutamento è spontaneo: i ragazzini vogliono provare la tavola perché è più facile, s’impara subito, dà soddisfazione. «Tra lo Stelvio e Cervinia, la nostra casa, abbiamo un’ampia base da cui pescare i futuri campioni» conferma il tecnico. Il futuro, un certo futuro, è assicurato.