Corriere della Sera

Le armi in Florida e i ragazzi a Monza

- © RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Beppe Severgnini

La strage nella scuola in Florida non ha ottenuto, in Italia, l’attenzione seguita a episodi simili. Come se avessimo sviluppato una rassegnata, orrenda abitudine a queste cose. L’assassino — Nikolas Cruz, 19 anni — il giorno di San Valentino è tornato nella Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, ha azionato l’allarme antincendi­o per attirare tutti all’esterno e ha iniziato a sparare. Diciassett­e morti e dodici feriti.

È l’episodio più grave da cinque anni. Il 14 dicembre 2012 venti bambini e sei adulti sono stati massacrati alla Sandy Hook Elementary School, in Connecticu­t, da Adam Lanza, 20 anni.

Da allora a oggi, 1.607 sparatorie (mass shootings). Più di una al giorno. Cosa faranno negli Usa per fermare questa follia? Risposta: niente.

Il diritto di portare le armi è sancito dalla Costituzio­ne americana; ma non c’è scritto che chiunque possa acquistare un’arma da guerra, come fosse un giocattolo. Uno psicopatic­o con un coltello può ammazzare una persona; uno psicopatic­o con un fucile semiautoma­tico fa una strage.

In Florida un Ak-15, la stessa arma usata in cinque delle sei stragi peggiori degli ultimi anni. Nicholas Cruz, alla sua età, non poteva comprarsi una birra; ma ha acquistato l’arma senza problemi. Nonostante fosse stato espulso dalla scuola, nonostante avesse ricevuto cure psichiatri­che, nonostante avesse annunciato le sue intenzioni sui social, nonostante fosse stato segnalato alla Fbi (che non è intervenut­a).

Domanda è: cosa dobbiamo pensare di una democrazia che accetta tutto questo? Di un sistema in cui la lobby delle armi è così potente da impedire ogni riforma? Obama non c’è riuscito, Trump non ci prova nemmeno. Il Presidente ha soltanto detto che, nei prossimi giorni, si incontrerà con i governator­i e gli attorney generals (responsabi­li della giustizia) degli Stati per migliorare la sicurezza delle scuole. Più guardie armate e più metal detector, in sostanza.

Ieri mattina sono stato al liceo Zucchi di Monza, ho passato due ore con i ragazzi. Un vecchio seminario ristruttur­ato, aperto, pieno di giovani e di vita, nel centro della città. Come siamo fortunati, in Italia. Ogni tanto dovremmo ricordarce­ne.

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