Corriere della Sera

Ragnatela del Fisco: le leggi sono ben 783

L’italia genera futuro? Le 500 aziende con fatturati tra 20 e 100 milioni sempre cresciute (anche negli anni della crisi)

- CDS Giuditta Marvelli

Abbiamo talmente tante leggi tributarie da non riuscire nemmeno contarle con certezza. O quasi. Un recente tentativo arriva a individuar­ne quasi 800 — per la precisione 783 — tra provvedime­nti principali e decreti attuativi.

Il tutto immerso in una perenne incertezza applicativ­a, che allunga i tempi dei contenzios­i e complica la vita alle persone e al Paese. Ferruccio de Bortoli affronta la marea della burocrazia fiscale che ci sommerge sulle pagine de L’economia in edicola domani con il Corriere della Sera. La materia non è «amichevole» in nessun Paese del mondo. Qualche esempio? La legge Dodd-frank, fatta per riparare i disastri finanziari dopo lo scoppio della bolla delle dot.com e detestata da Donald Trump, conta più di 2.300 articoli. Per non parlare dell’internal revenue code a stelle e strisce che conta quattro milioni di parole. L’america, però, insieme alla Germania (solo una legge generale e 35 testi unici, questo è tutto) figurano in cima alla lista degli esempi di sistema fiscalment­e ordinato. Ma anche in Romania e Polonia hanno solo un paio di codici che bastano per tutto.

Che cosa si può fare? La prima cosa — che a onor del vero figura in cima ai piani dell’agenzia delle entrate — saso La copertina

I piani di Walt Disney e Alibaba per trenta milioni di consumator­i cinesi rebbe affrontare con decisione una semplifica­zione. Quelle messe in agenda fin qui non hanno funzionato per vari motivi, tra cui anche la mancata consultazi­one delle grandi categorie di contribuen­ti. Anche gli altri riformano e cambiano, con alterni risultati. Raggiunger­ne qualcuno, però, sarebbe incoraggia­nte per i contribuen­ti onesti. «L’aliquota del buon sen- dovrebbe essere la più alta», conclude de Bortoli.

Dalle troppe leggi al controvers­o rapporto con la globalizza­zione. La vendita di Italo Ntv al fondo americano Gip, guidato da un investment banker di origine nigeriana che non ha mai perso un treno di affari in vita sua, ha riaperto il dibattito sull’incapacità del Paese di fare sistema e quindi di investire capitali (e di prendersi qualche rischio) quando una qualche eccellenza nazionale arriva al punto di fare un salto di qualità e di dimensione.

Intanto i big della tecnologia e dell’intratteni­mento diventano sempre più grandi e articolati. È il caso di Walt Disney, che dopo essersi assicurata un pezzo dell’impero di Murdoch, marcia verso la Cina. Un accordo con Alibaba permetterà di offrire i contenuti classici e le saghe vecchie e nuove a trenta milioni di persone in più. Sulla copertina de L’economia il volto di Daisy Ridley, l’eroina dei nuovi episodi di Star Wars, firmati dal colosso hollywoodi­ano dei cartoon (e di molto altro).

E ancora: L’economia inizia con un mese di anticipo la celebrazio­ne del suo primo compleanno presentand­o le prime delle cinquecent­o aziende con fatturati tra 20 e 120 milioni di euro in grado di crescere sempre negli ultimi lunghi anni di crisi. Nella prima pattuglia, tra gli altri, Proraso e il cioccolato Venchi. Una classifica di volti e di storie che accompagne­rà i lettori con quattro pagine dedicate ogni settimana fino alla metà di marzo.

Infine il risparmio: i conti correnti sono sempre più cari e meno remunerati­vi. Anche quelli online. I conti in tasca alle principali banche e ai prodotti sul mercato.

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