Giochi ancora stregati per la Wierer nel biathlon Fontana, oro nei 500, in finale 1500 ma senza podio La Goggia delusa nel superg ha un’altra chance
Hanyu battezza il millesimo oro La rimonta quadrupla di Chen
Ragazze interrotte. Senza gambe: Arianna Fontana («Mi è finita la benzina sul più bello»). Senza mira: Dorothea Wierer («Il tiro qui in Corea non è stato quello che volevo»). Senza autocritica: Sofia Goggia («Raramente ho sciato così bene»). Si spezza l’inerzia positiva dell’olimpiade, colano i rimmel, i discorsi post-femministi sulle donne che hanno una marcia in più degli uomini (però fin qui, nel medagliere dell’italia, regna la parità dei sessi) si spengono in gola. Un sabato da dimenticare. Per ripartire.
Miss Short Track, da Berbenno con furore, tenta un’altra incursione in territorio coreano. Dopo i 500 metri prova a prendersi anche i 1500, pizzoccheri e bresaola della Valtellina contro il popolo delle lame lunghe. In finale, però, trova a presidiare la pista due nemiche giurate: Minjeong Choi, cui Arianna aveva scippato di tasca l’oro nello sprint, e la scudiera Alang Kim, più l’olandese Ter Mors, una orange che in vita sua ha più pattinato che camminato. Quattordici giri di pretattica, avanzando lente e ricurve fino al momento dell’impazzimento generale, quando a le medaglie dell’italia: di queste 2 ori da Fontana (short track 500 m) e Moioli (cross snowboard) meno sei l’atomica bionda va in fuga gettando il panico nel gruppo. La gara cambia ritmo, Arianna non c’è più. Oro e argento all’asia connection di Choi e Li, bronzo alla canadese Boutin (ancora tu?). «A tre giri dalla fine le gambe hanno detto ciao — mormora abbacchiata, con il caschetto numero 9 in braccio —. Avevo dormito bene, mi ero svegliata tranquilla, sembrava tutto a posto. DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
È stata la gara degli acrobati, salta che ti passa. L’oro del giapponese Yuzuru Hanyu nel pattinaggio artistico avrà per sempre un posto speciale sugli scaffali di Olimpia: è, infatti, la millesima medaglia del metallo più pregiato dal 1924, anno d’inizio dei Giochi invernali (a Chamonix). Il giunco di Sendai, 22 anni, sopravvissuto al devastante terremoto del 2011 (seguito da tsunami e disastro nucleare) e appena rientrato da un infortunio alla caviglia, è più etereo che affascinante ma dopo Sochi si Succede. Il mio obiettivo nei 1500 era la finale. È andata così». Non è che l’oro ti ha appagata, tigressa affilata? «No, anzi. Mi ha caricata». Racconta dell’sms di Greg Paltrinieri dopo il trionfo («Dice che in Australia ha visto la gara in ritardo ma che gli ha trasmesso un’energia pazzesca»), dell’empatia con Michela Moioli regina della tavola («Ero in mensa, grandissima: se l’è prende anche Pyeongchang. La doppietta (due ori olimpici consecutivi) non riusciva a nessuno da Dick Button (’48-’52) anche se c’è il curioso precedente di Gillis Grafstrom, che di ori di fila ne vinse tre compresi i Giochi estivi (’20, ‘24, ‘28): ad Anversa il pattinaggio faceva parte del programma. Argento dietro Hanyu, vestito in kimono bianco ricamato e alla fine travolto di peluche di Winnie Pooh come da tradizione, è il connazionale Shoma Uno; bronzo allo spagnolo Javier Fernandez, già sei volte di fila campione europeo. Ma la storia del giorno è l’incredibile rimonta dell’americano Nathan Chen, 18 anni, magrezza estrema in un mondo che soffre di anoressia e disturbi alimentari tanto quanto le ragazze. 17esimo dopo un corto da incubo (nemmeno un salto pulito), liberato dalla pressione ieri Chen ha pattinato un esercizio libero straordinario, completando alla perfezione 6 (sei!) quadrupli: una performance storica che gli è valsa il personale di 215.08 punti ma l’ha lasciato fuori dal podio (5°). L’azzurro Matteo Rizzo è 21esimo. Dovrà lavorare sui tripli e arrivare in fretta al quadruplo, ormai un must tra gli uomini. E pensare che otto anni fa, a Vancouver, l’americano Lysacek conquistava l’oro senza farne uno. A Evgeny Plushenko (argento) ancora girano.