I gentiluomini del curling giocano senza arbitro e non si tirano le pietre
Il Giappone impone lo stop agli azzurri, che però restano in corsa
ghiaccio.
Però, la vittoria sugli americani, è di quelle da ricordare, anche perché gli azzurri si sono battuti contro il temuto Tyler George, il capitano yankee, famoso perché da otto anni in gara calza sempre le stesse scarpe. Che sono semplici sneakers alle quali Tyler ha appiccicato uno strato di teflon sotto le suole per scivolare sul ghiaccio. Sono piene di tagli sulla tomaia, sono di colore indecifrabile a furia di sfregare nell’accompagnamento della pietra e però sono un talismano che assicura l’invincibilità. O meglio, assicuravano l’invincibilità prima di incontrare i nostri azzurri: Amos Mosaner, Daniele Ferrazza e Andrea Pilzer, trentini, Simone Gonin, piemontese e Joel Thierry Retornaz, tesserato per il Pinerolo. Mosaner è il primo (semi)professionista Il curling fu ammesso per la prima volta ai Giochi di Chamonix nel ‘24 ma solo da Nagano 1998 fa parte a tutti gli effetti del programma olimpico
Il semipro
Amos Mosaner è l’unico semipro azzurro, tutti gli altri sono veri dilettanti
del curling italico, grazie al gruppo sportivo dell’aeronautica militare che gli consente di allenarsi tre o quattro ore al giorno. Gli altri sono dilettanti, Retornaz ha un’azienda che produce polvere di diamante sintetica; Gonin studia scienze motorie; Ferrazza è falegname; Pilzer è ingegnere e viene da una famiglia che produce un’ottima grappa.
Un po’ tutti abbiamo conosciuto il curling in tv, alle Olimpiadi di Torino 2006, ma l’impatto del torneo visto dal vivo è tutta un’altra cosa. Quattro partite in contemporanea, con gli atleti che scivolano leggeri sul ghiaccio, grazie alle suole magiche di teflon, usando la scopa a ritmo frenetico per attirare la pietra da 19 chili in traiettorie ardite. E qui veniamo alla «pietra bruciata»: si tratta dell’espressione tecnica che individua un fallo, sempre involontario naturalmente. Si brucia la pietra quando nel tentativo di dirigerla con rapidissimi colpi di scopa sul ghiaccio, la si tocca. A questo punto il capitano avversario ha il diritto di scegliere: ignorare l’errore; mettere le pietre nella posizione che si immagina avrebbero dovuto avere; eliminare la pietra. C’è stato un caso, tra Canada e Danimarca, risolto senza alcuna polemica.
Non è andata bene ieri alla squadra italiana, sconfitta per un solo punto dal Giappone. A metà gara, nell’intervallo, Gonin ha mangiato una banana per rinfrancarsi e guidare la rimonta. Il nipponico Yamaguchi, sguardo di ghiaccio, ha resistito chiudendo 6-5 all’ultima pietra. Avremmo dovuto invitarlo a brindare con la grappa prima di cominciare, per confondergli i riflessi. Ma i trucchi nel curling non si usano.