PERCHÉ VIP (E NON) PARLANO DI CANCRO
Èquasi un’epidemia di coming out da parte di persone famose che si sono confrontate con il cancro, l’hanno superato e ne stanno parlando pubblicamente. Nel giro di pochi giorni lo hanno fatto Nadia Toffa, conduttrice televisiva delle Iene, Nicola Mendelsohn, top manager di Facebook e Daria Bignardi, giornalista e scrittrice. Ma l’elenco è lunghissimo e parte da alcune celebrity che, già anni fa, hanno rotto il muro del silenzio. La cantante australiana Kylie Minogue nel 2005 aveva dichiarato il suo tumore al seno e invitava le donne a sottoporsi alla mammografia. Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, aveva annunciato di avere un cancro alla prostata nel 2007 ed era diventato un sostenitore dell’esame del Psa (l’antigene prostatico nel sangue). Due personaggi che hanno contribuito a diffondere messaggi per promuovere la diagnosi precoce della malattia. Con qualche risultato, perché dopo la rivelazione della Minogue, la richiesta di mammografie in Australia è esplosa. E così pure per il test del Psa in America. Un po’ come è successo con «l’effetto Jolie» (siamo nel 2014), quando l’attrice americana aveva detto di avere geni di predisposizione per il tumore al seno e all’ovaio e migliaia di donne hanno cominciato a richiedere l’esame genetico. Adesso lo scenario è un po’ cambiato. Il racconto della malattia, da parte di persone in vista, non sembra più avere l’obiettivo di mandare messaggi di prevenzione. Ha più l’intento della condivisione. Raccontare fa bene a se stessi e (forse, ma l’impatto è tutto da valutare) agli altri che hanno lo stesso problema. Ma al di là dei vip e dei successi raccontati da chi ha superato la malattia, ci sono le persone «normali» che si devono confrontare con situazioni complicate, come per esempio quella del tumore al seno metastatico (metastasi è sinonimo di paura). Anche loro hanno voglia di raccontare, come dimostra il successo della campagna «Voltati. Guarda. Ascolta», promossa da alcune associazioni di pazienti (Europa Donna e Susan G. Komen Italia) che ha raccolto le storie di queste donne (si trovano sul sito che porta il nome della campagna) ed è alla seconda edizione. Storie che hanno l’obiettivo di condividere emozioni, sentimenti e speranze, ma vanno più in là: rivendicano il diritto alla migliore qualità di vita possibile, l’accesso alle migliori terapie oggi disponibili, la continuità o il reinserimento lavorativo. È un nuovo messaggio di una (nuova) narrazione sul cancro.