Per fare terapie salvavita qualcuno rischia il posto
Tra i malati forte disparità di trattamento sulle tutele lavorative
Carola soffre di una grave forma di epilessia ed è stata licenziata per aver superato i giorni di assenza per malattia previsti dal «periodo di comporto», ovvero l’arco di tempo durante il quale il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro.
Maria si è ammalata di cancro, è stata operata già due volte e deve continuare i cicli di chemioterapia: non va a lavorare da più di sei mesi e ora ha chiesto l’aspettativa per non perdere il posto di lavoro. Le loro storie sono simili a quelle di tanti altri lavoratori costretti, per curarsi, ad assentarsi per lunghi periodi dal lavoro perché colpiti da gravi malattie che richiedono terapie salvavita, ovvero «cure indispensabili a tenere in vita», come le ha definite l’inps.
Ma quali tutele spettano in questi casi? Non esiste una norma valida per tutti, quindi per i malati non è facile orientarsi. «Riceviamo molte richieste di informazioni — dice Giuseppe Vanacore, presidente di Aned, Associazione nazionale dei dializzati e trapiantati —. Ci sono pazienti che iniziano la dialisi ma non sanno che, trattandosi di terapie salvavita, i giorni in cui la fanno non vanno conteggiati come assenze per malattia. In ogni caso, consigliamo sempre di informarsi sulle tutele riconosciute dal proprio contratto nazionale di categoria».
Diversi Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) del settore pubblico, e in misura minore di quello privato, prevedono che i giorni di assenza per le terapie salvavita - oltre ai giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital - siano interamente retribuiti e siano esclusi dal conteggio dei giorni di assenza per malattia normalmente previsti. Ovviamente è necessario l’apposito certificato medico che attesti ASSENZA PER MALATTIA (chemioterapia, emodialisi, immunoterapia ecc.)
In diversi Contratti collettivi nazionali di lavoro del settore pubblico, e in misura minore di quello privato, i giorni usufruiti per le terapie salvavita sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia normalmente previsti
Alcuni Ccnl escludono dal calcolo del periodo di comporto anche i giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali delle terapie salvavita
Il 97% ritiene importante continuare a lavorare che si tratta di terapie salvavita. «Le tutele, però, non sono uguali per tutti, così si creano ingiuste e ingiustificate disuguaglianze tra lavoratori, non solo tra dipendenti pubblici e privati, ma ancora di più riguardano i lavoratori autonoto
L’80% ha subito ripercussioni negative sul lavoro (perdita o minore reddito)
mi (si veda l’articolo sotto) — sottolinea l’avvocato Elisabetta Iannelli, vicepresidente di AIMAC, Associazione Italiana Malati di Cancro —. Per esempio, nel settore pubblico è prevista la conservazione del posto di lavoro per diciot- mesi in un triennio (con decurtazioni della retribuzione, a scalare, dopo i nove mesi di assenza) e per ulteriori diciotto mesi senza retribuzione. Nel privato, invece, il periodo di comporto è regolato dalla contrattazione collettiva ed è disomogeneo tra i vari comparti».
Insomma, a parità di malattia, un lavoratore malato di cancro che deve sottoporsi a cicli di chemioterapia o una persona con insufficienza renale che deve fare la dialisi viene più o meno tutelato in base al lavoro che fa (e al relativo contratto di categoria).
Ma come superare questa disparità di trattamento?
«Sarebbe opportuno che ci fossero regole dettate da una legge applicabile a tutti i lavoratori e non da norme contrattuali di comparto — sottolinea Iannelli — . Tre anni fa, su sollecitazione di Favo (Federazione associazioni di volontariato oncologico), era stato presentato un disegno di legge per tutelare allo stesso modo il lavoro dei malati di cancro. È decaduto, ma ci batteremo perché sia ripresentato nella prossima legislatura. Tra l’altro, prevedeva anche una “banale” buona pratica a costo zero, ovvero l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al lavoratore, con trenta giorni di anticipo, l’imminente scadenza del periodo di comporto, in modo che questi possa chiedere, per esempio, il congedo non retribuito».
Intanto, l’aned ha scritto ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e a quelle dei datori di lavoro denunciando le troppe discriminazioni tra malati. Riferisce Vanacore: «Abbiamo sollecitato regole uniformi, per esempio, a livello interconfederale o con i rinnovi dei Ccnl».