Corriere della Sera

Il gelo di Renzi su Prodi in campo: Gentiloni? Può giocarsi le sue carte

Il ritorno del Prof agita i vertici dem. Il segretario difende i risultati del suo governo

- Monica Guerzoni

Il dilemma non è ancora sciolto, ma giorno dopo giorno Matteo Renzi sta maturando l’idea di indicare Paolo Gentiloni come candidato premier. «Non lo farà mai...», sospiravan­o i suoi fino a pochi giorni fa. Adesso però, visti gli ultimi sondaggi poco rassicuran­ti, il segretario potrebbe decidersi a far capire con chiarezza che, votando Pd, il leader più apprezzato dagli italiani potrebbe restare a Palazzo Chigi.

«Matteo lavorerà sempre di più sul tema di una continuità di Paolo al governo», rivela una fonte autorevole del Nazareno. Che pone però un interrogat­ivo: «Siamo così sicuri che una investitur­a di Gentiloni ci porterebbe più voti?». In attesa di risolvere l’enigma, Renzi in tv da Lucia Annunziata fa una mossa verso il premier in carica: «Chi ha fatto il presidente del Consiglio, come Paolo Gentiloni, potrà giocarsi le sue carte anche per il futuro. Ma noi non litigherem­o mai». E a sera, intervista­to da Massimo Giletti a Non è l’arena su La7, fa un altro passo in direzione del Gentiloni bis: «Paolo sta facendo un ottimo lavoro ed è molto bello che si stia impegnando anche nella campagna del Pd».

Ad agitare i vertici dem è il ritorno di Romano Prodi sulla scena del centrosini­stra. Un’apparizion­e che potrebbe non essere episodica, perché l’ex presidente della Commission­e europea, infastidit­o da sondaggi troppo penalizzan­ti per la «sua» lista ulivista, sta pensando di partecipar­e ad altre iniziative pubbliche.

La simpatia tra i due è assai scarsa, ma Renzi si dice «contento» per il sostegno del fondatore alla coalizione e per la severità con cui ha condannato la scissione di Leu. L’incoronazi­one di Gentiloni da parte di Prodi, invece, deve averlo rallegrato assai meno. Come dichiara Andrea Orlando l’abbraccio del Professore al premier e la scelta di non votare il Pd, è «un segnale che parla molto di futuro». Tra le quinte del teatro Celebrazio­ni di Bologna il ministro della Giustizia ha visto emergere «una idea chiara che guarda all’unità del centrosini­stra», un seme da cui «il Pd può ripartire». Un Pd senza Renzi alla guida, si intende.

Non è un caso che Prodi si sia sperticato in lodi di Gentiloni, ma non abbia mai pronunciat­o il nome del segretario dem. Renzi assicura di non esserci rimasto male, dice che «non c’è nulla di personale» e che non prova «nessun fastidio per la mancata menzione». Ma poi, sulla difensiva, sottolinea che «i risultati di questi anni al governo nessuno ce li porterà via». Né Prodi, né le cordate che si stanno saldando all’interno del Pd: «Nessuna polemica con i ministri. Gentiloni, Minniti, Delrio, Orlando hanno fatto parte del mio governo, sono la squadra che ho scelto».

Per quanto escluda larghe intese con Forza Italia, Renzi riaccende i fari sul patto del Nazareno con Berlusconi: «Lo rifarei domani mattina, ma nessun inciucio». Il Pd, spiega il segretario, non può stare con il M5S, né con un centrodest­ra «dove il leghismo fa da traino». Per Renzi è stata anche la giornata dell’appello ai cattolici: «Siamo a un bivio, perché il centrodest­ra non è a trazione moderata». E se nel Pd prevale il pessimismo, lui sprona a scrollarsi di dosso la rassegnazi­one ricordando che i sondaggi in passato hanno sbagliato. Essere primo partito e primo gruppo parlamenta­re è per l’ex premier un obbiettivo «a portata di mano», ci sono «70 seggi borderline» e anche un lieve spostament­o fa la differenza.

Gli avversari scappano? Renzi annuncia un «confronto in diretta Facebook con gli ologrammi di Salvini, Di Maio e Berlusconi». E, dopo aver ammesso errori «per giovinezza e arroganza», si dice convinto che il Pd vincerà: «Ce la giochiamo sul filo dei voti».

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Su La7 Matteo Renzi, 43 anni, ieri ospite del programma di Massimo Giletti, 55 anni, Non è L’arena

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