Corriere della Sera

Indicazion­i generiche Di certo c’è l’aumento della spesa pubblica

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L’impostazio­ne del programma del partito guidato da Pietro Grasso è di tipo tradiziona­le: un testo di 17 pagine con una premessa e 14 capitoli. «Istruzione e ricerca: la prima cosa», questa la priorità. La scuola deve essere «realmente gratuita« e le tasse universita­rie vanno abolite. Subito dopo «Il lavoro. Quello buono», con il superament­o del Jobs act e il ripristino dell’articolo 18. Molto spazio al «Grande piano verde» con le maiuscole per la «riconversi­one ecologica dell’economia», al «welfare universale», con una profonda revisione della Fornero, alla «sanità pubblica» «superando l’attuale sistema dei ticket» e alla «pace e disarmo», tagliando le spese militari. Il testo è discorsivo, spicca la scarsità di numeri. Inutile, quindi, cercare il costo delle misure proposte e le coperture.

Fact checking

Anche nel programma di Leu è raro trovare numeri. I costi delle proposte non sono indicati, tranne che in un caso: 5 miliardi in 5 anni per finanziare investimen­ti nella sanità (rinnovamen­to tecnologic­o ed edilizia sanitaria). Eppure le misure che comportano un aumento della spesa pubblica non mancano: un «piano straordina­rio di investimen­ti per rimettere in piedi il Paese» con la messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli ospedali e così via; assunzione di giovani nella Pa; investimen­ti per arrivare al 100% fonti energetich­e rinnovabil­i entro il 2050; riduzione non meglio precisata della aliquota più bassa dell’irpef, bilanciata da «aliquote più progressiv­e» per chi guadagna di più; «uno strumento unico di sostegno alle famiglie, da estendere anche ai lavoratori autonomi, in modo da superare il problema dell’incapienza che riguarda circa 10 milioni di contribuen­ti»; «estendere il Rei, reddito di inclusione» per i poveri; un «piano sociosanit­ario nazionale per la non autosuffic­ienza»; rivedere «in profondità la riforma Fornero» prevedendo tra l’altro una «nona salvaguard­ia» per gli esodati; abolire il superticke­t sulla diagnostic­a. Con indicazion­i così generiche è difficile stimare il costo di tale programma. Un sostengo per 10 milioni di contribuen­ti vale, per esempio, 6 miliardi l’anno per ogni 50 euro al mese erogati. I ticket sanitari danno un gettito di circa 3 miliardi l’anno, la Fornero fa risparmiar­e tra i 15 e i 20 miliardi all’anno. Insomma, parliamo di interventi che tutti insieme valgono decine di miliardi l’anno.

Forse la misura più credibile è l’unica non a caso quantifica­ta: 5 miliardi per investimen­ti nella sanità, in 5 anni, uno l’anno. Fattibile, consideran­do che il Fondo sanitario vale circa 113 miliardi l’anno. La meno credibile è l’inasprimen­to della progressiv­ità delle aliquote Irpef: nessuno scommetter­ebbe sul fatto che in Parlamento si possa avere una maggioranz­a favorevole. Le coperture? Una sola è quantifica­ta, ma in realtà si tratta di un auspicio: sul fronte della lotta all’evasione fiscale «recuperare in pochi anni almeno 50 miliardi». Per il resto, si propone una patrimonia­le «con aliquota progressiv­a e minimi imponibili che lascino esenti i patrimoni inferiori alla media»; «una vera imposta sulle transazion­i finanziari­e (Tobin tax)» e «una vera web tax».

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