Netanyahu e «la tigre» iraniana: ora non metteteci alla prova
A Monaco il premier israeliano mostra un pezzo di drone abbattuto
MONACO Gesti teatrali, minacce reciproche, riferimenti ai capitoli più oscuri del XX secolo. Nulla è mancato ieri, alla conferenza di Monaco, nel confronto indiretto tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro degli Esteri dell’iran, Mohammad Javad Zarif. Uno scontro verbale dai toni durissimi, a conferma della profondità delle fratture che squassano il Grande Medio Oriente.
Alla sua prima apparizione al forum bavarese, Netanyahu ha accusato Teheran di voler dominare la regione, occupando i territori una volta controllati dall’isis. E ha paragonato l’accordo sul nucleare iraniano, che ha bloccato per 10 anni il programma atomico persiano, a quello di Monaco che nel 1938 aprì la strada ai nazisti in Europa. «Come allora Hitler venne incoraggiato dalle concessioni fatte da leader con buone intenzioni», così l’intesa sul nucleare ha «scatenato la tigre iraniana nella nostra regione». Poi, brandendo platealmente un pezzo di metallo annerito, secondo il premier proveniente da un drone persiano abbattuto dall’esercito di Israele, Netanyahu ha aggiunto: «Lo riconosce, signor Zarif? Puo riportarselo a casa con un messaggio ai tiranni di Teheran: non mettete alla prova la determinazione di Israele». E ancora: «Non permetteremo al regime iraniano di metterci un cappio di terrore al collo».
«Una vignetta umoristica, frutto di un pensiero delirante», ha definito la scena Zarif due ore dopo, negando che il pezzo sia parte di un drone di Teheran. Il capo della diplomazia sciita ha risposto colpo su colpo: «Posso assicurare che se gli interessi dell’iran non saranno garantiti, risponderemo in modo serio e qualcuno si pentirà delle sue azioni». Uno dei nodi dello scontro è la presenza iraniana in Siria, che Tel Aviv è decisa a impedire. Più volte l’aviazione d’israele ha colpito postazioni di Hezbollah, alleato di Teheran, in Siria e in Libano. Secondo Zarif, il recente abbattimento di un jet israeliano da parte della contraerea siriana ha inferto un duro colpo alla reputazione di «invincibilità» dello Stato ebraico, mentre Netanyahu, accusato di corruzione dalla giustizia di casa sua, «alza i toni all’estero per deviare l’attenzione dai problemi interni». Zarif ha però negato ambizioni regionali, proponendo una nuova architettura per la sicurezza dell’area, dove gli interessi di tutti i protagonisti vengano presi in considerazione. Ma il grande scontro tra sciiti e sunniti resta a fare da sfondo. Netanyahu ha confermato il miglioramento dei rapporti con i Paesi sunniti, Arabia Saudita in testa, in funzione anti-iraniana. E ieri se n’è avuto un esempio quando il ministro degli Esteri saudita, Adel Al-jubeir, ha usato lo stesso linguaggio nel denunciare il comportamento di Teheran: «Il mondo deve esigere un prezzo per l’atteggiamento aggressivo dell’iran».
Il destino dell’accordo nucleare rimane decisivo. L’amministrazione Usa è scettica, vorrebbe rinegoziarlo e minaccia di reimporre le sanzioni all’iran in maggio. Sarebbe la fine dell’accordo, con conseguenze imprevedibili per la regione. L’ex segretario di Stato Usa, John Kerry, uno dei protagonisti dell’intesa, ha messo in guardia: «Se gli Stati Uniti lasciano l’accordo, viene messa in gioco la loro credibilità e volontà di mantenere gli impegni presi». Kerry ha contestato le parole di Netanyahu secondo cui l’iran è sulla strada per dotarsi di un arsenale nucleare per 10 anni: «I termini dell’intesa impediscono a Teheran di fare progressi per dotarsi di una bomba».