Dal messaggio su Del Sette altre accuse per Scafarto
Ainsospettire gli inquirenti è stato un messaggio trovato sul telefono dell’ex capitano dei carabinieri Gianpaolo Scafarto (oggi maggiore sospeso dal servizio) ricevuto la sera del 21 dicembre 2016: «Sul Fatto quotidiano.it non c’è scritto nulla. Certo se il nostro GC è indagato succede un terremoto». A inviarlo era stato un altro ufficiale dell’arma in servizio al Noe come Scafarto, il maggiore Cavallo, che la mattina seguente poté leggere sulla prima pagina de Il Fatto questo titolo: «La soffiata, gli appalti e papà Renzi. Indagato il comandante dell’arma». Era la rivelazione di quanto avvenuto il giorno prima, e cioè l’iscrizione sul registro degli indagati del generale Tullio Del Sette, all’epoca numero uno dell’arma, per rivelazione di segreto sull’inchiesta Consip. Un episodio per il quale la Procura di Roma accusa ora proprio Scafarto, sulla base di quel messaggio e della successiva testimonianza del maggiore Cavallo: la sera del 20 dicembre o la mattina del 21 incontrò Scafarto, il quale lo informò che il GC, cioè il generale comandante, era «responsabile» di aver informato gli indagati dell’inchiesta Consip delle intercettazioni a loro carico, e che la notizia sarebbe uscita su Il Fatto. La formale iscrizione di Del Sette, insieme all’allora sottosegretario Luca Lotti e al generale Emanuele Saltalamacchia, avvenne in quelle stesse ore, in contemporanea con la trasmissione del fascicolo giudiziario da Napoli a Roma. Dove i pubblici ministeri hanno acquisito anche la testimonianza del tenente colonnello De Rosa (superiore di Scafarto) su una confidenza avuta dal colonnello Alessandro Sessa (superiore di entrambi): Scafarto gli confessò di aver informato lui stesso il giornalista de
Il Fatto. Sessa, a sua volta inquisito per omessa denuncia, davanti al procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e al sostituto Mario Palazzi s’è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma per i pm ce n’è abbastanza per contestare il nuovo reato a Scafarto, già accusato di falso, che ieri in Procura ha preferito tacere e attendere la prossima mossa dei magistrati.