I fondi regionali a Whirlpool E in Toscana altri posti a rischio
Cinque milioni sono arrivati a Whirlpool dalla regione Toscana. Era il 2013 e c’era da cofinanziare investimenti in ricerca per 8 milioni di euro. Soprattutto c’era da tenersi stretto lo stabilimento che a Siena produce congelatori. Sulla stessa scia si è mossa la regione Lombardia nel 2015 mobilitando due milioni di euro. «Siamo molto soddisfatti per questo accordo che prevede la stabilizzazione di 2.500 dipendenti e l’assunzione di 400 giovani», diceva all’epoca il presidente della Regione Roberto Maroni.
Embraco non ha ricevuto fondi pubblici a sostegno della sua attività. Ma la «sorella» Whirlpool Emea (Europa Medio Oriente e Africa) sì. Per essere precisi sulla parentela tra i due gruppi: Embraco è controllata da Whirlpool America Latina. Che a sua volta è controllata — esattamente come Whirlpool Emea — dalla Whirlpool corporation, quotata alla Borsa di New York.
Sia la regione Lombardia (amministrata dalla Lega) che la Toscana (nelle mani del centrosinistra) sono d’accordo su un punto: i soldi che supportano la ricerca e gli investimenti di un grande gruppo sono ben spesi. Detto questo, multinazionali della stazza di Whirlpool corporation hanno un peso negoziale da far tremare i polsi.
«Sia chiaro, noi in Lombardia abbiamo fatto tutto da soli, senza alcun aiuto da parte del governo. Perché in questo Paese non esiste una politica industriale», lamenta l’assessore leghista al Bilancio, Massimo Garavaglia. «Le multinazionali sono interlocutori preziosi. Ma con loro bisogna essere determinati e muoversi in modo coordinato con il governo. Altrimenti non si può che uscire perdenti», valuta il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi (LEU). Che ha già qualche motivo di preoccupazione. Proprio per lo stabilimento di Siena: «A dicembre di quest’anno finiscono gli ammortizzatori. Non è stato ufficializzato, ma già si parla di 150 esuberi su 400 posti».
L’utile operativo di Whirlpool Emea nel 2016 era pari a 158 milioni di dollari, 188 l’anno precedente. Nel 2017 l’utile si è trasformato in perdita: - 2 milioni. Per dire, sempre l’anno scorso la «sorella» Whirlpool America latina che controlla Embraco è andata meglio: 288 milioni di dollari di utile operativo.
Ma tant’è: ora c’è da affrontare il problema dei 497 di Riva di Chieri. Se la multinazionale non ritira i licenziamenti dal 26 marzo tutti a casa. Se invece li ritira, i lavoratori potranno contare su nove mesi di cassa. Morale: a fine dicembre 2018 si torna punto e a capo. Nove mesi di tempo in più, però, permetterebbero di cercare un’impresa disposta a subentrare nel sito produttivo. Su questo sta lavorando l’unità che al Mise gestisce le crisi aziendali guidata da Giampietro Castano.
E poi ci sarebbe anche un’altra via. La legge di Bilancio permette di sommare alla cassa l’assegno di ricollocazione (una «dote» per aiutare chi è disoccupato a trovare lavoro). Il tutto è gestito dall’anpal. «I lavoratori potrebbero contare anche su agevolazioni fiscali e le aziende che li assumono si agevolazioni contributive — spiega il presidente, Maurizio Del Conte —. Se saremmo pronti a intervenire su questa situazione? Certo. Abbiamo una struttura pronta ad accompagnare i lavoratori in questo percorso. È noto a tutti che dopo il licenziamento diventa più difficile trovare lavoro. Per questo sarebbe così importante avere questi nove mesi di tempo in più. Speriamo che anche l’azienda si renda conto della posta in gioco».
Ricollocazione
Del Conte (Anpal): «Noi pronti a lavorare per ricollocare i lavoratori. L’azienda non ritira i licenziamenti? Caso di irresponsabilità sociale»