Corriere della Sera

Adou nella valigia e i 13 bimbi in serie Storie di padri che ritrovano i figli

Solo una multa per l’ivoriano a Ceuta, papà del ragazzino trovato nel trolley Tribunale di Bangkok dà ragione al giapponese che aveva «affittato» 13 madri

- di Michele Farina

Due padri, due tribunali, due storie di figli con un confine da attraversa­re. Ieri, nello stesso giorno, il destino ha sorriso a entrambi i genitori: Ali Ouattara, 45 anni, ivoriano, e Mitsutoki Shigeta, ventottenn­e giapponese. Due che più diversi non si potrebbero immaginare.

Un migrante senza documenti e un nababbo dal grande portafogli. Ali, ex professore di filosofia fuggito via mare dalle violenze in Costa D’avorio nel 2006, si è ritrovato con una famiglia divisa fra due continenti e ha provato disperatam­ente a rimediare. Mitsutoki, scapolo d’oro proprietar­io di molte aziende, la famiglia ha voluto costruirse­la proporzion­ale al reddito, su scala quasi industrial­e. Da una parte, in un’aula di giustizia spagnola, ieri è stato giudicato il papà del famoso «bambino nella valigia» scoperto nel maggio 2015 alla frontiera di Ceuta, l’enclave dove si toccano Europa ed Africa. All’altro capo del pianeta, in un tribunale di Bangkok, hanno ascoltato la sentenza gli avvocati di mister Shigeta, titolare di quella che è stata battezzata «la fabbrica dei bambini». Tredici, tutti ottenuti con la discussa procedura dell’«utero in affitto». Seme paterno e mamme thailandes­i ingaggiate (per 10mila euro l’una) per rifornire di eredi l’agiato rampollo di un signore dell’informatio­n Technology.

Due uomini a giudizio. Ouattara rischiava tre anni di prigione con l’accusa di aver messo in pericolo la vita del figlio Adou, chiuso in un borsone per superare i controlli. Shigeta rischiava di perdere la custodia della prole, da tre anni affidata all’assistenza pubblica thailandes­e. L’uno e l’altro hanno ottenuto un agognato (e diversissi­mo) ricongiung­imento. Adou potrà vivere legalmente in Spagna con la famiglia, Mitsutoki ha ricevuto il via libera per la delocalizz­azione della «baby factory», direzione Giappone.

Ouattara se l’è cavata con una multa da 92 euro (e un mese già scontato di detenzione). Il presidente del tribunale, Fernando Teson, avrebbe voluto una condanna più dura. La giuria ha ascoltato la voce del testimone più vicino all’imputato. Adou, 10 anni, ha risposto alle domande del pubblico ministero. «Chi ti ha messo nella valigia?». «Una donna marocchina». «Non ti mancava l’aria là dentro?». «Respiravo molto bene». «Qualcuno ti ha detto come avresti passato la frontiera?». «In auto», ha sussurrato Adou. Padre scagionato. Lo stesso Ali aveva raccontato che, per cinquemila euro, i trafficant­i gli avevano assicurato che il figlio sarebbe volato in Spagna con l’aereo. Nessun ha potuto dimostrare che il 45enne ex professore di liceo sapesse la verità. Gli agenti al posto di frontiera di Ceuta fermarono una donna con una valigia sospetta, la macchina a raggi X mostrò un corpo raggomitol­ato. «Il bambino nella valigia» divenne un simbolo estremo della condizione dei migranti. L’ex professore aveva sì ottenuto il ricongiung­imento per moglie e figlia, ma il suo reddito in una lavanderia delle Canarie non era sufficient­e per far arrivare anche l’altro figlio: mancavano 56 euro al mese.

Una questione di soldi innescò l’odissea del trolley umano. Altri soldi (molti) permettera­nno ora al papà nababbo di trasferire i figli nella sua reggia in Giappone. Tutto si era fermato nel 2014, quando nove dei 13 neonati furono trovati dalla polizia in un lussuoso appartamen­to di Bangkok, con le mamme biologiche al seguito. Le indagini su un possibile traffico di esseri

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umani non ebbero seguito. Anche se lo scandalo fu tale che il Parlamento thailandes­e approvò la legge che oggi impedisce agli stranieri di usufruire della fecondazio­ne assistita «modello Shigeta». Il giovane, che aveva lasciato la Tailandia quattro anni fa per stabilirsi a Hong Kong prima di rientrare in Giappone, ha ottenuto la custodia unica perché in tribunale le rispettive madri non hanno avanzato obiezioni. I magistrati hanno fondato la sentenza sul fatto che le condizioni economiche del genitore sono tali da garantire il mantenimen­to della prole.

Ali si era ritrovato con la famiglia spezzata perché al suo tenore di vita mancavano 56 euro. Per il suo opposto tenore, Mitsutoki crescerà 16 figli (altri tre avuti in Cambogia sono già con lui). Un lieto fine per entrambe?

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