«Otto collezioni per parlare a tutti Solo così si cresce»
Remo Ruffini e la svolta di Moncler: le lunghe cappe di Piccioli, i piumini tricottati di Kei Ninomiya
Alle quattro della mattina MILANO Remo Ruffini, il presidente, era ancora lì che si aggirava fra le otto monumentali installazioni (16 metri di altezza ciascuna, per centinaia di metri quadrati) impalcature dei visionari piani del building Moncler Genius comunicato da settimane al mondo intero, ma svelato soltanto la scorsa notte con un mega evento a Palazzo delle Scintille. Più di duemila persone curiose di scoprire chi e cosa sette fra gli stilisti più influenti (l’ottava linea è disegnata da un team interno) del momento hanno raccontato partendo dallo storico piumino e senza mai risparmiarsi in creatività e individualità.
Come in una biennale d’arte, ecco nell’installazione numero 1 le figure monacali, lunghe due metri, di Pierpaolo Piccioli con le loro cappe colorate e le gonne e le t-shirt e i guanti. Nessuna divagazioni sul materiale ma un’interpretazione essenziale in chiave couture. Alle pareti le opere di Fra Sidival, il francescano che trasforma in quadri le stoffe di antichi corredi ritrovati nei monasteri. «Ho lasciato che ognuno esprimesse il proprio – racconta Ruffini – e nessuno di loro ha mai incontrato gli altri. E malgrado l’unicità dell’anima ogni collezione fa storia a sé».
Al numero 5 due enormi stantuffi di stoffa sbuffano mentre le gigantesche creazioni di Craig Green sfilano in evoluti e protettivi piumini di cotone tecnico. Al numero 4 scendono le scalatrici vittoriane di Simone Rocha. Al numero 6 l’essenzialità del nero delle incredibili lavorazioni di Noir Kei Ninomiya che ha persino tricottato in abiti un tubolare in piumino. Al numero 7 la forza dei messaggi impressi sui capi da Fragment Hiroshi Fujiwara. Al numero 3 gli angeli della neve di Grenoble by Sandro Mandrino, che si riflettono su un enorme specchio, riscrivono la storia dell’abbigliamento tecnico da montagna con tessuti inediti. Al numero 8 gli slogan e il merchandising di Palm Angels di Francesco Ragazzi con il simbolo del building. Poi Moncler 1952 del team interno un omaggio all’anno di nascita del brand. L’insieme è un unico. «L’idea era di riuscire a dialogare con tutto il nostro pubblico — dice Ruffini —, che fosse la cliente couture o il ragazzino, con un unico linguaggio e una energia nuova. Ma senza consumare sempre tutto subito». Il cambiamento sta anche in questo: le collezioni usciranno una alla volta, di mese in mese, dando respiro ad ognuna di arrivare, senza l’ossessione della velocità e della stagione.
«Ci siamo messi in discussione certo, cambiando le regole — aggiunge il presidente — perché così si va avanti. I prossimi saranno dei pop up store su strada». Sempre con gli stessi nomi? «A settembre ancora, poi si vedrà». Vinta anche una mission impossible: portare avanti un progetto di questa portata in due anni senza far trapelare nulla. Un cerchio magico di quante persone? «Una ventina. Tutte sotto clausola. Gli stessi stilisti non sapevano l’uno dell’altro. Spesso li incontravo a casa mia e in orari improbabili. Solo a questo evento hanno potuto vedere il lavoro nel suo insieme».
E non solo loro: Millie Bob Brown («Strager Things»), John Boyeha («Star Wars»), il rapper Skepta, Naomi Campbell, Kasia Smuntniak, Francesco Scianna, Alba Rohrwacher, Margareth Madé, Maurizio Cattelan fra i duemila sotto le scintille.