Roma coatta in «La terra dell’abbastanza»
Spinto dall’involuzione dell’industria cinematografica americana a mettere da parte i suoi progetti più originali e iconoclasti, il regista Gus Van Sant ha imparato ad accontentarsi di soggetti più tradizionali, come questo Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot (Tranquilli, non andrà lontano a piedi) sul cartoonist John Callahan, scivolato nell’alcol e risalito dopo un incidente che lo ha condannato sulla carrozzella. Una storia vera di caduta e di rinascita, costruita spezzando continuamente il filo temporale, che si regge tutta sulla prova degli attori, il protagonista Joaquin Phoenix naturalmente ma anche l’insolito «terapeuta» Jonah Hill (dimagritissimo per l’occasione). E che regala allo spettatore la speranza che ci si può risollevare da ogni tragedia. Decisamente meno ottimista l’italiano La terra dell’abbastanza dei fratelli (gemelli) Damiano e Fabio D’innocenzo, presentato nella sezione Panorama. Racconta la discesa negli inferi della malavita di due ragazzi della periferia romana, un ritratto senza schematismi né moralismo della banalità del male oggi: a colpire non è tanto l’immediatezza e la veridicità della storia (con i genitori dei ragazzi a fare da spettatori o da complici) ma lo sguardo che i due trentenni esordienti sanno avere su un mondo dove la vita e la morte si confondono e l’unica differenza che conta è quella offerta dei soldi. Filmata però con una pietas che sa restituire la distorta umanità di chi, come dice il titolo, vorrebbe accontentarsi almeno dell’«abbastanza».