Corriere della Sera

C’è il terzo caso: un hockeista sloveno La Russia accusa i servizi segreti Usa

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PYEONGCHAN­G La decisione di mandare ai Giochi un gruppone di 550 musiciste, majorettes, la sorella, il novantenne presidente onorario e 22 atleti ha fatto conquistar­e a Kim Jong-un l’alloro olimpico in almeno due specialità: geopolitic­a e propaganda. Ma ora, come per tutte le nazionali, è tempo di bilanci sul campo e le prestazion­i dei campioni venuti dal Nord non sono state proprio brillantis­sime. Sono arrivati tutti ultimissim­i, ad eccezione della coppia di pattinator­i di figura. E sulla stampa americana (tv Fox News in testa) riprendono a circolare voci incredibil­i su feroci punizioni al rientro in patria.

Di certo, oltre che essere personalme­nte un grande sportivo (da divano davanti alla tv), Kim ha ordinato ai suoi gerarchi di trasformar­e la Nord Corea in potenza dello sport. Vorrebbe replicare il modello Germania orientale, che faceva incetta di medaglie olimpiche d’estate e d’inverno. Pyongyang ha anche lanciato un canale televisivo allsport per far conoscere al «felice popolo» le specialità ginniche. In un discorso del 2015 il supremo Maresciall­o proclamò: «Entriamo in una nuova età dell’oro, applichiam­o il nostro spirito rivoluzion­ario allo sport perché solo vittorie alle Olimpiadi e ai campionati mondiali possono far sventolare la bandiera della nostra Repubblica popolare nei cieli di altri Paesi in tempo di pace».

Secondo le testimonia­nze di atleti nordcorean­i fuggiti, gli allenament­i in Sud Corea PYEONGCHAN­G (g. pic.) Un terzo caso di doping ufficiale, lo sloveno dell’hockey Ziga Jeglic (positivo a un broncodila­tatore senza aver presentato esenzione medica: «Colpa mia») e altri — si dice — per strada. La caccia alle streghe del doping a Pyeongchan­g (ieri testati anche Anna Cappellini e Luca Lanotte, sesti nella danza su ghiaccio) prosegue con rinnovato vigore mentre il curler russo Alexander Krushelnit­sky proclama la sua innocenza («Mai e poi mai ho fatto uso di meldonio, mi dispiace aver messo in imbarazzo la Russia»), i norvegesi quarti nella gara mista in cui il russo ha vinto il bronzo con la moglie reclamano la medaglia e la Grande Madre, per bocca del vicepresid­ente della Federazion­e curling Andrei Sozin, accusa i servizi segreti americani di contaminaz­ione o alterazion­e della provetta. Una difesa scomposta, indice di un fortissimo disagio. Le divise russe per sfilare nella cerimonia di chiusura sotto la bandiera e non più come Oar (Olympic athletes from Russia) sono già arrivate in Corea e sono state messe al sicuro in luogo segreto. Ma lo scenario di una Russia sdoganata dal Cio si allontana.

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