Norvegia e Germania, università delle medaglie
Appassionante testa a testa per vincere i Giochi tra qualità, quantità e ricerca
Le due storiche regine dei Giochi bianchi, la Norvegia che ha vinto più di tutti e la Germania che dal 1992 — prima partecipazione unita dopo la caduta del Muro — è scesa dal podio solo nel 2014, hanno avviato un braccio di ferro per la leadership in Corea. Devastanti i tedeschi in avvio di Olimpiade, in rimonta i norge, ora in vetta. È un testa a testa affascinante (lunedì il titolo norvegese nel pattinaggio veloce è stato annullato dall’impresa dei bobbisti tedeschi, ex aequo con i canadesi; ma a mezzanotte ha provveduto la squadra di salto a segnare il «gol» del 2-1) tra due colossi degli sport invernali accomunati da tre principi: attività motoria, cultura, meritocrazia. Kjetil Andre Aamodt, ex asso dello sci norvegese, nota differenze («Noi siamo migliori nell’educazione sportiva a scuola e sappiamo divertirci più di loro») ma anche punti in comune: «È l’idea di selezionare per qualità: lo sci, con un gruppo ristretto di “top skiers”, lo prova. Ma dei tedeschi tentiamo di copiare il metodo nella tecnologia: un giorno conteremo pure nel bob e nello slittino».
La Germania vuole a tutti i costi tornare regina dei Giochi. A Sochi ebbe un’entusiasmante prima settimana, poi fu bonaccia. Medagliere finale: 19 podi (8 ori), sesto posto. Orrore e vilipendio della tradizione, che dopo Calgary 1988, ultima Olimpiade con Germania Est (25 medaglie) e Germania Ovest (8 podi), alla peggio ha dato una terza piazza. I correttivi sono partiti: «Il primo — racconta Frank Schneid della Bild — è stato l’accorpamento dei centri olimpici per evitare dispersioni». La seconda mossa ricorda il bonus/ malus delle assicurazioni: se migliori, hai più soldi; se vai male, te li levo. «Il curling ne ha pagato le conseguenze: senza risultati, ha avuto decurtazioni e non è qui. Il prossimo che rischia è il freestyle».
Funziona così pure in Norvegia: «Gli sforzi della ricerca nelle università devono essere applicati ad atleti di talento: chi non è di un certo livello può fare sport per divertirsi». Se in Norvegia lo Stato non dà un soldo per le discipline invernali, in Germania il sistema è misto: il Ministero dell’interno trasferisce 193 milioni di euro. Non è moltissimo, ma si lascia spazio ai contratti con i privati. «Quasi tutti gli atleti lavorano — riprende Schneid —, principalmente nelle forze dell’ordine, come in Italia. Stipendio da 2000 euro al mese, con assicurazione pagata e bonus da 400 a 1800 euro. All’olimpiade c’è anche un benefit: chi va a medaglia, torna a casa in business class e non in economy. La tranquillità economica
Filosofie diverse
Il norvegese Aamodt: «Noi ci divertiamo più di loro, dovremmo imitarli in tecnologia»
e la certezza di un impiego fanno la differenza». Poi c’è lo sforzo tecnologico, «dove noi paghiamo invece dazio» osserva Aamodt. La Bmw garantisce sviluppi su slittini e bob, in sinergia con l’«istituto per la Ricerca dei Materiali di Gara», che ha sede a Berlino. È qui che si aggiornano pattini, lame, snowboard, sci da salto, fucili da biathlon. La missione è intervenire nell’area dei centesimi di secondo, non una zona operativa limitata, bensì una prateria da esplorare. La Germania si sta appassionando ai Giochi e al duello con la Norvegia, alla faccia del fuso orario: «Dalle 9 ci sono 8 ore di trasmissioni Tv. Il calcio, vista la supremazia del Bayern, è passato in secondo piano». Curiosità finale: sapete quanto prende un olimpionico tedesco per un oro, contro i 150 mila di un azzurro? Ventimila euro. Forse è per questo che tanti, se ne hanno la possibilità, cercano il bis.