Corriere della Sera

Il Wigan e la forza del pallone Giocare con i piedi rovescia il mondo

- Di Mario Sconcerti

Che una squadra di terza serie, il Wigan, elimini dalla Coppa d’inghilterr­a la squadra forse più forte del mondo, il Manchester City, è una grande sorpresa che viene però dalla natura stessa del calcio. Centocinqu­ant’anni fa, nel gioco, la palla fu tolta dalle mani per passare in esclusiva ai piedi proprio per questo. Correre con la palla in mano fa vincere sempre la forza. Giocare con i piedi rovescia il mondo, costringe al controllo, quindi al talento. Nasce il dubbio del risultato. Succedono ormai raramente imprese come quelle del Wigan (ha tenuto il pallone cinque volte meno del City), ma accadono, sono chiuse nel destino di ogni partita. Fu proprio questa incertezza che stancò i giovani universita­ri dell’aristocraz­ia inglese quando si accorsero intorno al 1880 che le squadre di operai e minatori cominciava­no inopinatam­ente a batterli. Fu questo a far decidere a Harvard di rinunciare al calcio e a inventare il football americano: la paura di una mescolanza sociale, del caso dovuto a un pallone che se ne va sull’erba dimentican­do la differenza tra classi.

È contro questo destino poco gestibile che sono state inventate tutte le tattiche. Servivano e servono a dare un forte indirizzo, a mandare la partita non dove andava ma dove era utile andasse. La tattica accennava alla scienza che avrebbe dovuto limitare il caso. Non ci siamo riusciti, non è possibile. La palla rotola ancora il possesso palla del Wigan nella sfida di Fa Cup vinta con il Manchester City di Pep Guardiola: la formazione di terza serie inglese ha effettuato appena 4 tiri di cui 2 in porta ma sono stati decisivi il portiere Walton e il goleador Will Grigg indipenden­te. Non basta Guardiola, non bastano gli sceicchi, c’è sempre un lato oscuro della forza. Questa è l’ eterna modernità del calcio, che fa come vuole, come capita. Una tattica si mostra, dopo venti volte che la vedi la conosci. E si ricomincia. In Italia inventammo il catenaccio come una specie di socialismo contro la forza delle grandi squadre. Se loro sono migliori, noi ci difendiamo e ripartiamo. Fu uno straordina­rio modo di ridistribu­ire ricchezza tecnica. Tanto che alla fine giocarono così anche le grandi squadre, difendersi divenne quello che era sempre stato, un modo di essere. Il calcio è l’unico linguaggio universale perché non rappresent­a un paese, rappresent­a l’uomo. Viene da dentro, avrà sempre mille interpreta­zioni, ma non lo leghi a niente. È questa la vera felicità: non sapere mai, giocare sempre. E poi vedere.

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(Lapresse) Felicità I tifosi del Wigan festeggian­o dopo la vittoria

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