Finalmente libera
Dagli infortuni all’oro olimpico È la rivincita della «Befanona» Sofia Goggia, trionfatrice in discesa 56 anni dopo Zeno Colò
PYEONGCHANG Questa è la storia della «Befanona» che diventa regina olimpica della discesa, della «pasticciona che si trasforma in samurai», della campionessa di sci e di autoironia che quando si inginocchia per baciare la neve non si accorge di avere i fotografi alle spalle «e loro, anziché il bacio, avranno visto un ippopotamino che si inchinava».
Questa è la storia di Sofia Goggia, colei che è rinata da incidenti spaventosi, la prima italiana olimpionica della libera, il secondo atleta azzurro a riuscirci nella disciplina, 56 anni dopo Zeno Colò. «Non avevo pressione, dopo la sconfitta in superg. Sapevo che chi mi ama mi avrebbe continuato a voler bene: questo mi ha dato sicurezza, la bambina che sulle nevi di Foppolo sognava di vincere ai Giochi ce l’ha fatta». Sul podio nel parterre è scappata la lacrimuccia, alla sera a Medal Plaza, premiata dal presidente del Cio, è montata ancora di più l’emozione: «È un oro meritato. Ed è per sempre».
La gara perfetta, usando gli sci di Peter Fill. Accorta in alto, dove non si decideva nulla. All’attacco dal secondo intertempo, infernale nella sequenza della seconda «parabolica» che l’ha proiettata sul traguardo in 1’39’’22, i numeri del suo tempo adattati a una combinazione magica. Battute tutte: da Tina Weirather, il primo riferimento importante per «Sofi», all’adorata nemica Lindsey Vonn, abbracciata avvolgendola con la bandiera italiana in un simbolico passaggio di consegne che attende sviluppi a metà marzo nella sfida a due per la Coppa del mondo della discesa, a Ragnhild Mowinckel, la norvegese che già aveva beffato Federica Brignone negandole l’argento e che ha tentato un nuovo scippo sul filo dei centesimi.
La gara perfetta La bergamasca batte la Mowinckel e la Vonn e piange: «Ho meritato. È un oro per sempre»
Nove sono stati di troppo: «Sono rimasta paralizzata finché non ha tagliato il traguardo».
C’erano, ad aiutare Sofia, l’hashtag della Befanona e l’amuleto messo nella sacca degli indumenti. Befanona? «Sì, a Kranjska Gora sono tornata sul podio in gigante dopo lungo tempo. Era il 6 gennaio. Ho chiesto all’addetto stampa della Fisi: sarà stata la Befana? Sugli account social federali per postare bisognava fare riferimento allo slogan ‘Io sto con la Befanona’. Hanno scritto a centinaia, perfino i bambini di un asilo». Invece il tappo era della bottiglia di Lambrusco («Che non ho bevuto!») regalatagli dalla moglie dell’ambasciatore coreano l’anno scorso quando Sofia s’impose in discesa e in superg. «Mi disse di restituirglielo dopo la vittoria ai Giochi». Sofia l’aveva messo sul comodino di casa. L’ha preso prima di andare a Garmisch e poi in Corea. «Il giorno del superg l’avevo infilato in un altro zaino, stavolta l’ho portato in partenza e domani lo renderò». Il tappo è come l’anello-amuleto trovato da Michela Moioli, la concittadina trionfatrice nello snowboardcross e adesso raggiunta dall’altro capo del filo d’oro che unisce le due amiche nel segno della connection di «Bèrghem de üra».
E per chi non crede alle coincidenze, ecco un’altra vicenda incredibile che si lega al capitolo della Goggia degli infortuni (4 operazioni, battezzate entrambe le ginocchia). «Era il dicembre 2013, avevo 21 anni. Mi ero sfasciata a Lake Louise, ero in aeroporto su una carrozzella sperando di trovare un posto in business class. Mi toccarono la spalla: era la svizzera Dominique Gisin, che scambiò il suo biglietto con il mio di economy. A causa dell’infortunio saltai i Giochi 2014, ma a Sochi andai per Sky e commentai proprio l’oro in libera di Dominique. Oggi, invece, è stata lei a commentare me e a intervistarmi: è in Corea per la Tv svizzera».
Alla fine, il tempo è stato galantuomo anche con «Sofi», la pasticciona che sa essere samurai. Gli anni dei dubbi, figli degli infortuni, sono alle spalle: «Se nella cenere del fuoco che ha smesso di ardere c’è ancora qualche scintilla, riparti da lì e lo alimenti di nuovo. Penso di essere stata fortunata: nello sci ho talento, ma nessuno mi ha regalato nulla. Mi sono presa tutto da sola, con gli artigli e con i denti: non è stato facile». Nelson Mandela diceva: «A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato». Quanto aveva ragione...