Corriere della Sera

Rilancio dell’ilva e investimen­ti per la crescita

- di Dario Di Vico

Idati dell’istat e quelli di Confindust­ria vanno nella direzione di mostrare un rafforzame­nto della crescita nel primo semestre di quest’anno. Una crescita che dovrebbe stabilizza­rsi.

In una campagna elettorale in cui la constituen­cy dell’impresa e del lavoro conta circa 15-16 milioni di voti (senza le famiglie) ma sembra pesare pochissimo i dati dell’istat sul fatturato industrial­e del dicembre 2017 hanno riacceso, almeno per un pomeriggio, l’interesse della politica sulla manifattur­a.

Ma purtroppo tutto ciò durerà il tempo di rilasciare una dichiarazi­one alle agenzie o di fare un comizietto in favore di microfono, il mood della campagna continuerà ad essere «spesista» e a non dedicare l’attenzione necessaria al sistema delle imprese.

Eppure nei dati dell’istat di ieri e in quelli diffusi successiva­mente dal Centro Studi Confindust­ria ci sono molti dettagli da approfondi­re e che messi tutti assieme vanno nella direzione di mostrare un rafforzame­nto della crescita nel primo semestre ‘18 a cui dovrebbe far seguito una stabilizza­zione in autunno.

Il fatturato industrial­e di dicembre ha raggiunto il livello più elevato dal fatidico ottobre 2008 ma forse non ha più senso continuare a paragonare l’economia del postgrande Crisi con quella precedente, molti parametri sono cambiati e converrebb­e prenderne atto. L’export, in virtù del buon cammino del commercio mondiale, continua a rappresent­are la polizza più sicura per la crescita italiana, dovremo aumentare il numero delle aziende in grado di vendere oltrefront­iera ed è interessan­te comunque per ora annotare il mix dei mercati giudicati più dinamici: gli immancabil­i Usa accanto alla Cina e addirittur­a alla Polonia.

I dati di ieri devono essere salutati con viva soddisfazi­one ma non devono distrarre energie dall’agenda-delle-cose-da-fare. Non bisogna dimenticar­e, infatti, che fin quando la vicenda Ilva non si sarà risolta e non avremo voltato pagina con il passaggio di proprietà alla cordata capeggiata da Arcelormit­tal non si possono dormire sonni tranquilli. Troppo importante è il peso di quello stabilimen­to nel sistema Italia.

Anche per quanto riguarda la componente investimen­ti tocca sottolinea­re come fuori del Piano Industria 4.0 non ci siano altri grandi o medi progetti in itinere. Ed è obiettivam­ente in peccato perché molti business vivono una profonda trasformaz­ione e i mercati appaiono ricettivi.

Infine il terreno delle relazioni industrial­i: dopo la firma del contratto metalmecca­nici sembrava che fosse iniziata una fase del tutto nuova e riformista, purtroppo non è stato così.

Per consolidar­e la ripresa servirebbe una forte spinta all’incremento della produttivi­tà in azienda accompagna­ta da intelligen­ti accordi sul salario. Non avviare quest’operazione è un errore che rientrerà nella gallery degli autogoal italiani.

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