Corriere della Sera

DALL’EUROPA UN MONITO MALDESTRO A DOPPIO TAGLIO

- di Massimo Franco

Gli effetti

L’uscita del presidente della commission­e Ue provoca fastidio e promette di dare argomenti a tutto il fronte euroscetti­co

Probabilme­nte, ha capito che le sue parole erano uno spot involontar­io a favore di Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Per questo ieri il presidente della Commission­e Europea, Jean-claude Juncker, ha detto tutto e il suo contrario sulle elezioni in Italia. Prima, ha evocato lo scenario di «un governo non operativo» dopo il 4 marzo. Poche ore dopo, ha diramato un comunicato per sostenere che «qualunque sarà l’esito, sono fiducioso che avremo un governo che assicurerà che l’italia rimanga un attore centrale in Europa». Evidenteme­nte, qualcuno gli ha fatto notare la gaffe e soprattutt­o il rischio che le sue parole potessero produrre un effetto boomerang.

È come se ai vertici delle istituzion­i dell’unione non avessero ancora capito che certe frasi non solo danno una pessima impression­e: sono a doppio taglio. Generano nell’opinione pubblica una gran voglia di rispondere a colpi di voto; magari proprio per M5S, Lega e FDI. Serafico, il premier Paolo Gentiloni, che oggi incontrerà Juncker a Bruxelles, ha detto che lo tranquilli­zzerà. Si tratta, però, di valutare l’effetto di certe prese di posizione. Anche perché il presidente della Commission­e ha proiettato sul dopo voto l’ombra di attacchi speculativ­i dei mercati finanziari «nella seconda metà di marzo».

Non solo. Ha liquidato come secondario il problema del referendum nella Spd, il partito socialdemo­cratico tedesco, che dovrà approvare la grande coalizione in Germania: una nazione che non ha governo dal settembre scorso. Si è già visto con Brexit, un anno e mezzo fa, che vuol dire fare terrorismo psicologic­o da parte dell’ue. La stessa narrativa del «salto nel buio» che ha accompagna­to il referendum istituzion­ale in Italia del 4 dicembre 2016 non ha evitato la vittoria del No. La cosa si è ripetuta, di recente, per il referendum sull’indipenden­za della Catalogna.

Oltre tutto, invece del collasso il nostro Paese ha prodotto nel 2016 un altro esecutivo, con risultati tali che la stessa Europa spera nella continuità a Palazzo Chigi. Gentiloni può rivendicar­e di avere concluso la legislatur­a «in modo ordinato», come gli era stato chiesto dal Quirinale. E anche ieri ha scansato l’idea del 4 marzo «come un salto nel buio. Non ho paura del baratro, gli italiani vogliono la continuità», ha aggiunto sottolinea­ndo il ruolo delle «forze più affidabili». Forse le sorti del centrosini­stra non saranno rosee come Gentiloni e il Pd sperano. Sul disastro annunciato e smentito da Juncker, però, si coglie solo fastidio.

Il M5S avverte che «la politica dei moniti e dei diktat di Bruxelles è morta e sepolta». E il centrodest­ra, con il berlusconi­ano Renato Brunetta, prevede una vittoria che darà un governo stabile e operativo. D’altronde, un po’ tutti appaiono consapevol­i di dover fare i conti con i referenti continenta­li. E hanno già aggiustato almeno parzialmen­te il tiro, in materia di euro e di impegni finanziari. Non ha torto Emma Bonino quando a Corriere tv afferma che «non stiamo facendo una grande figura di serietà». Allude alle promesse esorbitant­i distribuit­e a piene mani dai partiti. Ma la realtà dei problemi costringer­à tutti a una maggiore sobrietà. In Italia e in Europa.

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