Corriere della Sera

JENNIFER LAWRENCE E LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE CHE COSA INDOSSARE

- Di Maria Serena Natale msnatale@corriere.it

Ci voleva Jennifer Lawrence, l’indomita Katniss che in Hunger Games guida i ribelli al grido «uccidi o sarai ucciso», per ricordarci che una donna è libera di scegliere cosa (non) indossare. L’ultima polemica è sorta intorno al servizio fotografic­o per il lancio del film Red Sparrow, in italiano Nome in codice: Diva. La diva Jennifer, diafana in un succinto Versace nero, ha sfidato il gelo posando su una terrazza vista London Eye tra colleghi maschi ben più infagottat­i di lei. Di fronte a décolleté e gambe nude di una tra le attrici più ammirate e pagate al mondo — in testa alla classifica Forbes per due anni di seguito prima di essere scalzata nel 2017 da Emma Stone — il blog Jezebel ha lanciato l’appello: «Date a Jennifer Lawrence un dannato cappotto». Troppo smaccato lo squilibrio di potere tra uomini che non devono chiedere mai (una sciarpa) e donne-oggetto ancora costrette a esibire il corpo in ossequio ai diktat estetici e culturali del patriarcat­o. Il processo di vittimizza­zione in Rete si è compiuto in poche ore. Finché la svestita Jennifer ha smascherat­o il re nudo spezzando, più che le catene della sottomissi­one, il circolo vizioso del pensiero unico che si nutre di slogan. «Sono stata all’aperto cinque minuti — ha twittato — ma per quell’abito sarei rimasta nella neve. Questo non è femminismo, è sessismo. Calma, gente. Ciò che indosso è una mia scelta. E se voglio avere freddo, decido io anche quello». Sì, è un mercato tagliato su misure maschili e non tutte hanno la forza d’urto della Ragazza di fuoco (dal secondo episodio della saga di Hunger Games). Eppure, per la prima volta in una storia di conquiste mai definitive, le donne orientano il mercato da protagonis­te, con una potenza anche economica che le sottrae a tutele e solidariet­à strumental­i. Responsabi­li della propria immagine, consapevol­i del proprio ruolo. Più coraggiose degli uomini, anche di fronte a un raffreddor­e.

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