La notte non fa paura alle donne di Prada
Spavalde, a tinte fluo, con gilet imbottiti (e dunque protettivi) da cui spunta una sottoveste iperfemminile di tulle. «Camminavo da sola e mi sono sentita insicura», dice la stilista
Les Copains La maglia impreziosita da dettagli e ricami
Genny L’ispirazione poetica è «Circus» di Charlie Chaplin 3 Luisa Beccaria
Abiti da giorno in tessuti corposi e maschili
4 Erika Cavallini
Una cascata di luce e il gioco del contrasto con l’opacità
Pucci Rilettura dell’archivio recuperando il periodo americano del marchese Pucci
Vivetta Romanticismo Anni 80, ma senza nostalgie
Max Mara La nuova «divisa» della donna di potere strizza l’occhio al punk-rock
Fendi
Felpe e pullover di visone e pellicce così leggere da sembrare tessuti
Donne che corrono con la notte. Forti. Coraggiose. Serrate nei loro giubbotti e gilet protettivi. Ma spavalde, a tinte fluo. Senza nascondersi. Perché non sia mai detto che non possano andarsene sicure, da sole. Come idea di libertà. Avventura. Miuccia Prada e il suo nuovo atto politico è un manifesto di suggestioni e sensazioni e naturalmente abiti. La location per cominciare al quinto e quarto piano della torre, ultima costruzione della Fondazione. E poi lo skyline su Milano come se fosse Las Vegas. Per sottolineare che questo è lo scenario dove si muove questa donna. «L’altra sera — racconta la stilista poco prima dello show — anche io camminavo da sola e mi sono sentita insicura». Potrebbe un vestito proteggere? La moda e la sua funzione: da sempre la signora si interroga su questo. Gli applausi alla fine dello show potrebbero essere la risposta. La collezione è precisa, prorompente, va diritta allo scopo. I materiali tecnici (i nylon, il neoprene) e le forme (over) per i capi spalla ma anche gonne e pantaloni e bluse sono la protezione. I colori fluo come il verde, il fucsia, il giallo, lo straordinario. I codici della femminilità, i tacchi, gli spacchi, le scollature, le sottovesti che spuntano, la sfida.
Felpe e pullover di visone intarsiato con il montone e pellicce talmente sofisticate nelle lavorazioni da sembrare tessuti inglesi fra i più morbidi e leggeri: l’artigianalità di Fendi sembra proprio non trovare mai la parola fine. Mirabilie in sostanza e poi nella sempre sorprendente creatività di quelli che sono il cuore della maison, gli accessori, come le nuove e sempre più peso-piuma Peekaboo (una borsa che ha scritto un capitolo della storia della griffe) ma anche gli stivali texani (nella versione corta o lunghi-lunghi) che sdrammatizzano il rigore dei lunghi cappotti militari, i pantaloni con la banda, le mini svelte, i bomber da aviatore sofisticati, i coprispalla squadrati per romantiche e colte uniformi. Una gran bella collezione per l’esordio in Fendi di Serge Brunschwig, il nuovo ad che prenderà il posto di Pietro Beccari passato all’ammiraglia Dior.
E se una power woman alla Sigourney Weaver («Una donna in carriera») restasse un po’ la punk-rock girl alla Madonna («Cercasi Susan disperatamente») che è stata? Sicuramente renderebbe più interessante il guardaroba delle manager d’oggi. Questa un po’ la visione Max Mara per il prossimo inverno. Un download su quegli anni, gli Ottanta, aggiornati così alla grinta «underground» e a un nuovo sex appeal. E sarebbe interessante vedere le facce dei manager se in cda la collega entrasse con le bretelle di cuoio calate sui fianchi sia che indossi il tailleur che ha il bomber al posto della giacca, sia che vesta un kilt di mohair lungo sino ai piedi, o la gonna pencil in stampa animalier o, sfacciatamente, che porti sotto il gessato la t-shirt da concerto. Grintosa, senza dubbio. Cappotti cammello, naturalmente, e orsetti a profusione nelle nuovi colori e accessoriati di frange.
Ci sono ispirazioni che incuriosiscono più delle altre. Così se da Les Copains si materializza la figura di Capucine, tormentata icona degli anni Sessanta, ispiratrice della figura della duchessa Altea di Vallenberg, sofisticato ed elegante personaggio del fumetto di Diabolik, è già una marcia in più. Poi va da sé che il dna gioca la sua parte e l’interpretazione in maglia, nei total look ma anche semplicemente nei dettagli, di giacche e giacconi, mini e gonne pencil, cardigan e lunghe sciarpe ricamate, è di grande effetto. Anche quando ricamati con draghi e putti per dare il cotè fantastico che non guasta.
È una Marianne Faithfull contemporanea quella che Luisa Beccaria ha immaginato, lasciando per una stagione perdere completamente visioni eteree e bucoliche e rileggendo gli anni Settanta alla sua maniera. Una quasi total collezione da giorno in tessuti corposi e maschili, con i quali fa cappotti e tailleur poi ingentiliti da applicazioni. Molta lana, per pullover e maxi cardigan. Paletta di colori molto interessante, più decisa del solito. E lo chiffon? C’è, c’è. Ma in sintonia: quindi magari a stampa pied di poule o tweed o a fiori sì, ma geometrici.
Le artiste del circo secondo Sara Facchini da Genny. Un’ispirazione poetica, «Circus», di Charlie Chaplin, e la voce, calda, di Marco Bocci che recita l’aforismo tratto dal film che invita le donne e a vivere liberamente. La stilista a sua volta immagina nuove libertà come indossare una giacca da smoking anche di giorno sui pantaloni da acrobata o la gonna di tulle da trapezista sul piccolo top.
AAA cercasi stilista disperatamente da Pucci. Dicono che presto sarà presa una decisione. Ma show must go. Con coraggio, perché è vero che l’ufficio stile fa un buon lavoro sull’archivio recuperando il periodo americano del marchese Emilio e quindi il ricordo di Marylin Monroe e il successo della lingerie. Però ritrovare due belle stampe (Tulipano e Trifoglio) e l’esprit di gonnellone anni Cinquanta trapuntante e abiti scivolati di jersey di seta e pizzo e vestaglie suntuose non basta. Piuttosto indovinata la nuova e delicata iconografia California.