La svolta food (e sociale) delle privatissime «Soho House»
Da Londra a Miami, i club per pochi eletti sono diventati pubblici. Grazie a una ristorazione pop
Tendenza
Un tempo club privato per professionisti e creativi londinesi, dall’accesso blindatissimo, «Soho House» ora ha deciso di aprire l’accesso al pubblico con 35 ristoranti in tutto il mondo, da Miami a Istanbul. Il cibo? Sempre ricercato
L’atmosfera antiquata c’è sempre stata. E molti di loro si sono fatti un vanto del volerla conservare. A tutti i costi. Eppure, una delle novità più interessanti nel panorama della ristorazione britannica sta arrivando proprio dai circoli privati. Una catena molto importante, “Soho House”, ha deciso, infatti, di sfidare le convenzioni e provare a rinnovarsi. Come? Aprendosi all’esterno con dei ristoranti in cui l’ingresso è liber, la proposta gastronomica è più «sociale», ma lo stile è sempre quello esclusivo.
E subito sono diventati un fenomeno di tendenza grazie anche a una puntigliosa ricerca di ingredienti locali e stagionali per celebrare gusti classici. Pure in giro per il mondo. Infatti, oltre ad aprire club al di fuori di Londra, Nick Jones, il fondatore del circolo Soho House (nato nei primi anni novanta nell’omonimo quartiere londinese), ha creato quindici format ristorativi da New York a Bristol, passando per Berlino e Istanbul (resta l’attesa in Italia). Comunque, è un dato di fatto che l’intuizione di Jones si sia rivelata vincente. Oltre a spa e hotel riservati solo ai loro membri, le Soho House contano oggi ben 35 ristoranti, caratterizzati ognuno per ambiente e personalità diverse. Che conservano il loro carattere esclusivo. E strizzano l’occhio a un melting-pot-food che tanto piace agli appassionati del genere. Può capitare così, a Istanbul, di entrare da «Cecconi’s» e mangiare uno spaghetto al pomodoro. O di assaporare, nel «High Road Brasserie» di Londra, una bouillabasse. Ma il punto di forza della catena gourmet creata da Jones è spaziare da una tipologia di ristorazione medio-alta a proposte più accessibili, tanto nel prezzo quanto nei menù. Come le rosticcerie «Chicken Shop», per esempio, apprezzate fino a Barcellona per la loro attenzione alla provenienza dei polli. O i «Dirty Burger» a Chicago.
Va detto, infine, che il cambiamento è passato anche dal design, curato nei minimi dettagli (boiserie, divani vintage in pelle, oggetti di recupero…), e che ha mescolato stili diversi per allontanarsi dall’immagine polverosa di circolo privato. E dunque, se fino a qualche anno fa l’unica speranza di entrare in uno di questi circoli era quella di essere presentati da almeno due membri, ora la musica è cambiata. Vi basterà fare una prenotazione al ristorante.