I GIOVANI E IL VOTO
Dal servizio civile obbligatorio agli aiuti per le madri E l’occupazione è priorità: ecco le proposte dei partiti
GIUGLIANO (NAPOLI) L’ultimo spettacolo fu nel tardo pomeriggio di domenica 23 novembre 1980. Al cinema Smeraldo di via Palumbo proiettavano «Chissà perché capitano tutte a me», con Bud Spencer e Terence Hill. La scossa di terremoto arrivò alla fine del film. La locandina, ingiallita dal tempo, è rimasta fino a due anni fa nella vetrina fuori dal palazzo abbandonato. Poi qualcuno se l’è portata via.
La città più giovane d’italia non offre nulla ai giovani. A Giugliano non c’è un cinema e non c’è un teatro. Non ci sono sale per concerti di nessun genere, non ci sono discoteche vere e proprie. Il collegio uninominale Campania 1 per la Camera comprende quasi per intero i suoi 125 mila abitanti, un terzo abbondante dei quali ha meno di trent’anni, il 38,9 per cento contro una media nazionale del 29,5%. Ma passeggiando verso sera nel centro storico o sul litorale costipato di palazzi non se ne incrocia quasi nessuno. L’unico vero punto di ritrovo è sulle scale della fermata della vecchia Metro nord est in periferia, quasi al confine con Melito che a sua volta è già periferia Il futuro
Nella mia terra manca un’idea di futuro, ci vorrà tanto tempo per costruirla Raffaele Cantone
di Napoli. Tornano dal lavoro, dall’università, dai locali. Da tutto quello che a casa loro non si trova da molto, troppo tempo.
Il boom demografico
«Questa storia della gioventù l’ho già sentita» racconta Samuel Romano, specializzando in medicina alla Federico II. «Ma non sono sicuro che mi riguardi. Ci sono nato e cresciuto, ma non ho mai vissuto Giugliano come un luogo dove stare. I miei amici e la mia vita sono tutti in città. Quella più grande, intendo». La sua famiglia abita in una villetta sulla fascia costiera tra Licola e Lagopatria che dopo quella sera del 1980 divenne il luogo dell’esplosione demografica di Giugliano, ad oggi il terzo Comune campano per dimensioni, il più grande d’italia a non essere capoluogo di provincia. C’è un prima e un dopo il terremoto nella storia della città e del suo sviluppo fuori da ogni controllo. Nel 1980 c’erano solo 35 mila residenti. Cinque anni dopo erano già quasi il doppio. All’aumento della popolazione non ha mai corrisposto quello dei servizi. «Qui non c’è molto per cui non valga la pena rimanere» sostiene Samuel. «E si fatica pure a partire».
La metropolitana urbana Napoli-giugliano-aversa è in periferia. La stazione dei treni invece è lontana da tutto, nell’area industriale, a 14 chilometri dal centro storico.
Le promesse
La storia recente è fatta di promesse non mantenute. Quella più grande è il tribunale di Napoli nord, che nel 2009 venne promesso alla città e invece finì nei locali attigui all’ex manicomio di Aversa, in provincia di Caserta. Anche il mercato ortofrutticolo di via Santa Maria al Cubito, costato decine di miliardi delle vecchie lire destinate alla ricostruzione del dopo sisma, sembra una cattedrale nel deserto rispetto al sogno ormai rattrappito di trasformare Giugliano nel crocevia del traffico agricolo meridionale. «A tutto c’è rimedio» dicono i ragazzi di ritorno dall’università. «Ma non alla mancanza di lavoro».
Il peso della camorra
Nel 2013 il Comune venne sciolto per infiltrazioni camorristiche. E nessuno ci fece troppo caso, perché di Giugliano si parla solo per il male, che sia la criminalità, i rifiuti tossici o i cinque milioni di ecoballe stoccate nella discarica di Taverna del Re. Oggi è governata da una giunta civica guidata da un sindaco fuoriuscito del Pd e forse la mancanza di etichetta politica contribuisce a una sensazione diffusa di isolamento. Le campagne dei candidati dei due schieramenti tradizionali, l’avvocato Pino Pellegrino per il Partito democratico e l’imprenditrice edile Palmira Fele che corre per Forza Italia anche se suo marito, Michele Schiano di Visconti, è consigliere regionale alleato di Vincenzo De Luca, si rivolgono soprattutto alle categorie, anche perché una società civile vera e propria ancora non esiste.
La fuga dalla città
«Purtroppo questa è la città da cui i giovani vanno via. Dal tribunale a un piano regolatore decente, la politica ha perso mille occasioni per fare cose incredibili». Anche i figli di Raffaele Cantone si stanno ormai preparando ad «andare fuori». Il magistrato più odiato dai clan dei casalesi, attuale presidente dell’autorità nazionale anticorruzione invece è due volte giuglianese, come dicono qui per distinguere quelli che ci sono nati e che ci rimangono anche. «Mi sento pesantemente abbarbicato alla mia città, perché sento di dovere molto al contesto nel quale sono cresciuto». L’onestà intellettuale gli impedisce di tirare fuori qualunque ricetta pronta all’uso. «Non credo ci sia una soluzione semplice, dopo le tante possibili svolte gettate al vento, ultima delle quali lo scioglimento del Comune, che poteva essere il momento giusto per ripensare a noi e tentare davvero di ripartire. I nostri giovani sentono che qui manca un’idea di futuro. Ci vorrà molto tempo per costruirla». Negli ultimi tempi un gruppo di ragazzi ha aperto una libreria, la seconda di tutta la città, nella centrale piazza Gramsci. E dal novembre del 2016 la sala comunale dei circolo didattico è diventata un Cineforum gestito da altri giovani giuglianesi. Un giorno, forse.