Cene e affari in India ma Don jr rinuncia al discorso da statista
Questa volta, gli immobili dei Trump hanno fatto ombra alla geopolitica dei Trump. Donald junior, il figlio più vecchio del presidente degli Stati Uniti, sta visitando l’india per promuovere investimenti fatti dal gruppo di Real Estate del padre. Ieri sera, approfittando del tour commerciale tra Bombay, Calcutta, Pune e Delhi, doveva tenere un discorso al Global Business Summit in corso nella capitale indiana, appena prima che prendesse la parola Narendra Modi.
Il tema dell’intervento, però, era così rilevante dal punto di vista strategico — la nascita di un’alleanza indo-pacifica tra America, Giappone, Australia e India — che Donald jr ha dovuto rinunciare a farlo: troppo palesi il conflitto d’interessi e il mix tra affari e politica.
Quando in un Paese arriva un Trump è sempre una notizia rilevante. In questo caso, in più, il giovane vicepresidente della Trump Organization (40 anni) è stato accompagnato da manifesti che invitano a comprare appartamenti e uffici nelle torri costruite in numerose città indiane e inviti a cena con Donald jr stesso per acquirenti effettivi e potenziali. Il presidente americano si è impegnato a non prendere nuove iniziative d’affari che portino il suo nome fino a quando rimarrà alla Casa Bianca. I cinque progetti immobiliari indiani erano però iniziati prima della sua elezione e ora il figlio sta cercando di venderli, non poco aiutato dal brand Trump che campeggia ovunque sui manifesti: qualcosa che ha sollevato scetticismo negli Stati Uniti e in India.
Le accuse più forti, però, si sono avute quando si è saputo del discorso ai duemila businessmen e politici riuniti a Delhi, presidente Modi e ministri compresi. Originariamente, il tema avrebbe dovuto essere «Ridisegnare i legami indo-pacifici: la nuova era di collaborazione». Si tratta di un tema che sta prendendo sempre più spazio nei dibattiti di Washington e nelle strategie dell’amministrazione. L’idea di base, ancora poco delineata ma potenzialmente interessante, è quella di creare una partnership politica ed economica tra i maggiori Paesi democratici che si affacciano sul bacino indo-pacifico: Stati Uniti, Giappone, Australia e India all’inizio, in prospettiva altri a cominciare dalla Corea del Sud e Singapore.
Una proposta avanzata per primo dal premier giapponese Shinzo Abe e pare poi parecchio discussa al dipartimento di Stato, fatta propria dalla Casa Bianca e rinominata «Free and Open Indo-pacific».
Da quello che si è capito finora, si tratterebbe di una cooperazione fatta di dichiarazioni e di impegni di alleanza reciproci ma anche di passi più concreti. Per un verso, accordi commerciali bilaterali «di qualità» tra il quartetto – definito da Washington «Quadrilateral Security Dialogue», o Quad: in una logica che corrisponde al pensiero anti-multilaterale del presidente Trump. Per un altro, l’avvio di progetti infrastrutturali in grado di controbilanciare almeno in parte l’ormai avviata e massiccia iniziativa Belt and Road cinese che creerà reti logistiche tra Asia ed Europa. Di base, qualcosa per contenere la crescente influenza di Pechino nella regione.
Un’idea ancora ai primi passi, difficile da realizzare, soprattutto dopo lo scarso successo della strategia di «Pivot to Asia» di Barack Obama e il ritiro dal trattato commerciale del Pacifico, Tpp, effettuato da Trump.
Donald jr, in India in veste di privato cittadino americano, avrebbe dovuto parlare di questo al forum di Delhi. Un po’ troppo per un immobiliarista e soprattutto un accavallamento di affari e politica che il figlio del presidente non ha potuto permettersi.
Alla fine, il discorso è stato annullato e sostituito da un’intervista pubblica di un quarto d’ora. «Per il business, l’india è un partner naturale più della Cina», ha detto.
d Adoro i media indiani, sono così tranquilli e gentili
d Per il business l’india è un partner naturale anche più della Cina