I centralinisti dei call center pagati 33 centesimi l’ora
Taranto, i dodici lavoratori tutti in nero. La denuncia e la chiusura
carta igienica portata da casa. E se si andava in bagno l’ora non veniva conteggiata.
Il mondo dei lavoratori in outbound, cioè «esternalizzati», si arricchisce di nuove frontiere di sfruttamento. Sono i centralinisti che ci propongono offerte commerciali per passare all’uno o all’altro operatore. Alimentano un sottobosco di illegalità cui nessuna normativa è riuscita, in questi anni, a porre un freno. L’unico deterrente possibile è a posteriori. Quando scattano i controlli di carabinieri, Finanza, ispettorato del lavoro dopo le segnalazioni dei sindacati. Stavolta è stata la Cgil a muoversi.
Racconta Andrea Lumino (Slc-cgil) che appena alcuni lavoratori si sono aperti testimoniando quello che stavano vivendo è partito un esposto a Procura e prefetto. I sigilli alle due strutture sono stati immediati. Avevano ideato un sistema per ingannare anche Tim e Fastweb, che si dichiarano estranee alla vicenda nonostante avessero stipulato un rapporto commerciale.
Uno dei due non era un call center vero e proprio, perché era iscritto alla Camera di commercio come corriere espresso.
I suoi centralinisti avevano l’obbligo di non registrare le telefonate. Molti di loro (curioso paradosso) contattavano persino chi era già cliente Tim, proponendogli di passare a un’offerta più vantaggiosa. Per farlo era però necessario disdire il vecchio contratto (con tutto quello che significava come costo di chiusura), rifarne uno nuovo magari intestandolo a un altro componente in modo da bypassare i controlli degli operatori telefonici che lo inquadravano come nuova attivazione.
Il tecnico della compagnia