Mia Lei, la cinese «italiana»
La Cina torna a mettere nel mirino le maison europee, con Fosun che ha fatto sua la maggioranza della francese Lanvin dopo che sono diventate cinesi la svizzera Bally (rilevata da Shandong Ruyi), l’italiana Krizia (ora di Zhu Chongyung), Dirk Bikkenbergs (dei cinesi di Canudilo), Caruso (Fosun) e Buccellati (ora di Gangtai Group)?
Mia Lei (nella foto in alto), la cinese di Hong Kong con studi in business management al King’s College di Londra che dal 2014 ha fatto rotta sull’italia con il suo brand di moda Miasuki, non si stupisce. «La Cina ha fame di lusso europeo, ma è anche una relazione reciproca — risponde —: l’occidente guarda come sbocco per i suoi prodotti sempre più a Oriente». Più interesse per le griffe italiane o francesi? «Con l’italia ci sono più elementi di contatto: per prima cosa le aziende di moda italiane sono spesso family business come in Cina, mentre Oltralpe funzionano i grandi moloch (da Lvmh a Kering, ndr). Poi c’è quello che chiamo un invisible thread, un filo invisibile, tra i due Paesi». Già un filo che inizia con Marco Polo.
Quanto a Mia Lei e il suo brand che rielabora lo stile equitazione con un tocco luxury, non solo è stata pioniera nel far rotta sin dal 2014 su Milano per misurarsi con il mondo della moda. Ma la sua scelta di produrre in Italia, anziché a Hong Kong, sin dall’esordio del brand è servito a identificare Miasuki con un gusto ispirato a qualità e a lusso occidentale.
«Il marchio incarna i forti valori del made In Italy: l’artigianato tradizionale e la sartorialità — spiega Miasuki —. E la capsule collection Autunno Inverno 2018/19 impiega tessuti di qualità, come il cashmere e la seta e mixati con la fibra d’argento che ha virtù antibatteriche».
L’ispirazione fa parte del suo vissuto, vero? «Si ho cavalcato fino al 2013, poi sono arrivati i miei figli, di tre e un anno e mezzo, e ho deciso di trasferire la mia passione per i cavalli, nella moda. E poi Miasuki è nato nell’anno cinese del cavallo, il 2014».