Corriere della Sera

Tutti seduti attorno al tavolo di Pistoletto Ma al Mediterran­eo serve un vero dialogo

- Di Antonio Pascale

A ccomodatev­i, sediamoci un attimo. Facciamo due chiacchier­e. Si ma non dentro, fuori, che è meglio. Frasi ricorrenti in certi posti. Il mare, la luce, soprattutt­o quella. Una volta chiesi allo scrittore olandese Cees Nooteboom perché mai un olandese calvinista come lui avesse deciso di vivere in Spagna. Mi rispose che era solo per via della luce, aveva nostalgia della luce. E allora, sole, luce, aria, e dunque: che aspettiamo a sederci? Non per niente Pistoletto fa sedere tutti i 23 paesi attorno al tavolo del Mediterran­eo, una sua celebre opera ora riproposta a Palermo, capitale della Cultura 2018.

D’altronde sedie ne abbiamo a volontà, e di tutti i tipi, impagliate, ergonomich­e, raffinate, costose, da bar, di plastica, ricavate con poco e niente, riciclate, artigianal­i. Te le puoi affittare per eventi, pubblici e privati. O anche portare da casa, come si fa in alcuni paesi, così ti guardi il concerto in piazza, da seduto.

Sedie come segnali, ce n’è una in mezzo alle sterpaglie? Consumata dal sole, lì c’è una prostituta. Non la vedi? Accosta vicino la sedia e aspetta. C’è una sedia sul marciapied­e, illuminata quel tanto che basta? Sopra la sedia c’è una pacco di sigarette? È una segnale. Qualcuno vende sigarette di contrabban­do. Tuttavia sedersi e discutere intorno al tavolo è soprattutt­o un gesto civile, come sedersi davanti al mare è un gesto poetico. Tutto questo è vero, e fa piacere vedere un tavolo con le sedie intorno, perché, in certi posti, vuoi per la luce, per il sole, l’aria ecc, siamo abituati ad avere a che fare con le sedie i tavoli, e con la conversazi­one o la distrazion­e che segue (spesso è causa di gioia improvvisa, perché apre a punti di vista diversi).

Eppure è anche vero che un certo immaginari­o (della luce, del sole, di sediamoci e parliamo) diffuso attorno al Mediterran­eo è ingannevol­e. Può rappresent­are un limite. In generale, diventa un handicap culturale quando un luogo, una terra comincia a pensare di essere speciale: avvolta da questa presunta specialità esclude gli altri. Se non capisci che quella terra non è un luogo geografico ma un modo di vivere e intendere la vita, allora sei fuori. È un forte handicap. Perché ti induce a credere che, siccome c’è la luce e ci siede, allora i problemi sono presto risolti, quindi la geopolitic­a, gli interessi e le strategie non contano più, un d

Dentro e fuori Sedie di tutti i generi che rappresent­ano la socialità comune ai 23 Paesi rivierasch­i. Ma serve anche ragionare con chi non fa parte del club po’ come dire: simmo ‘e Napule paisá! Finisce tutto in tarantella.

E poi, non puoi sederti intorno a un tavolo se nutri la convinzion­e che io ho la luce, il sole e le sedie e tu no. Dobbiamo sederci invece attorno a un tavolo più vasto, ragionare con quelli che non fanno parte del nostro club, anche loro a bene vedere hanno luce e sedie, in fondo non diverse dalle nostre. Attorno a un tavolo si può andare d’accordo ma anche essere in disaccordo in maniera costruttiv­a: ne abbiamo bisogno, dell’una e dell’altra cosa.

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C’è la sedia Kartell, simbolo del design italiano ma anche il pouf di pelle tunisino intorno a «Love Difference» di Michelange­lo Pistoletto, il tavolo a superficie riflettent­e, a forma di bacino del Mediterran­eo, con 23 sedute, tanti sono i...
Riflessi C’è la sedia Kartell, simbolo del design italiano ma anche il pouf di pelle tunisino intorno a «Love Difference» di Michelange­lo Pistoletto, il tavolo a superficie riflettent­e, a forma di bacino del Mediterran­eo, con 23 sedute, tanti sono i...
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