Baratta: «Una Biennale senza confini tra attori e spettatori»
«Negli ultimi anni non ho più visto nelle sale soltanto un mare di teste bianche, ma molti zainetti». Paolo Baratta, presidente della Biennale Venezia, ragiona con ottimismo sulla trasformazione del pubblico e, anche per la prossima edizione della manifestazione di danza musica e teatro, oltre 50 titoli in programma, punta sempre più su nuovi talenti e sull’abbattimento dei confini tra una disciplina e l’altra e tra artisti e spettatori. «Un tempo — aggiunge — la Biennale era frequentata soprattutto da addetti ai lavori, esperti, critici, musicologi... Oggi il pubblico si sta dilatando e da quest’anno nasce una nuova iniziativa: “spettatori in residenza”, che potranno partecipare a incontri e interagire con gli artisti. Inoltre ospiteremo giovani laureati invitandoli a scrivere, assistiti da tutor, di teatro, danza e musica per la Biennale. I tre festival sono focalizzati e il desiderio è di esplorare i confini geografici e di settore, riducendoli fino ad eliminarli. E non si tratta di para-populismo in cerca di facile consenso, bensì del più aperto riconoscimento delle qualità presenti nel mondo della creazione artistica». Si parte il 22 giugno con la danza, sezione diretta da Marie Chouinard: Meg Stuart, Leone d’oro alla carriera, presenta Built to Last. Dal 20 luglio, la sezione teatro diretta da Antonio Latella con sfumature thriller e horror, si apre con l’orestea della compagnia Anagoor, Leone d’argento, e con 7-14-21-28 di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Leoni d’oro alla carriera. Il 28 settembre si inaugura il festival di musica, diretto da Ivan Fedele, con il concerto The Yellow Shark di Frank Zappa e poi l’esibizione di Keith Jarrett, Leone d’oro alla carriera, in Solo Piano Performance. «Le nostre strutture sono sperimentali — conclude Baratta — e, per ricostruire il concetto di comunità, vogliamo coinvolgere molto i ragazzi delle scuole. La nostra Biennale deve essere una centrale elettrica, deve produrre energia».