La spinta verso l’estero delle imprese italiane: in sei anni investimenti su del 12,7%
Alle imprese italiane, soprattutto del Nord, «piace» la delocalizzazione e hanno scelto, contrariamente a quanto si pensi, gli Usa e l’europa centro occidentale anziché l’est. L’elaborazione effettuata dall’ufficio studi della Cgia si avvale degli unici elementi disponibili sul tema pubblicati da Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e dell’ice e fanno riferimento all’arco temporale dal 2009 al 2015. Proprio da questa rilevazione emerge che se verso la fine del decennio scorso i casi ammontavano a 31.672, nel 2015 sono saliti fino a raggiungere quota 35.684 pari ad una crescita del 12,7%. La ricerca sottolinea come il principale Paese di destinazione degli investimenti per delocalizzazione sono gli Stati Uniti tanto che nel 2015, le partecipazioni italiane nelle aziende statunitensi sono state superiori a 3.300. Di seguito ci sono la Francia (2.551 casi), la Romania (2.353), la Spagna (2.251) la Germania (2.228), il Regno Unito (1.991) e la Cina (1.698). La ricognizione evidenza come viene sfatato il «mito» dello sbilanciamento verso l’est Europa. Sul fronte strutturale emerge che il numero di occupati all’estero alle dipendenze di imprese a partecipazione italiana è diminuito del 2,9% (una contrazione di poco più di 50.000 unità). Il fatturato, invece, è aumentato dell’8,3%, facendo registrare un incremento in termini assoluti del giro di affari di oltre 40 miliardi di euro.