Corriere della Sera

POSSIAMO ASPETTARCI VERI MIGLIORAME­NTI PER CHI SOFFRE DI TALASSEMIA? E CHE PROBABILIT­À HO DI AVERE UN FIGLIO SANO?

- L.rip.

Ho 43 anni e, cosa non rara nella mia terra d’origine (la Sardegna), soffro di talassemia beta.

Vivo con continue trasfusion­i e spero in nuove opzioni terapeutic­he grazie alla ricerca scientific­a.

Ho letto recentemen­te di nuove cure: che cosa c’è di vero?

E, visto che la mia compagna è portatrice sana della malattia, quali sarebbero oggi le prospettiv­e di vita per il figlio che desideriam­o?

Una premessa innanzitut­to. La talassemia è una malattia del sangue geneticame­nte trasmessa, caratteriz­zata da un’anemia cronica di gravità variabile dovuta al fatto che l’organismo sintetizza un’anomala forma di emoglobina, la molecola responsabi­le del trasporto di ossigeno e anidride carbonica nel nostro corpo.

L’emoglobina è costituita da due proteine, l’alfa-globulina e la beta-globulina (da cui prendono il nome le varianti alfa e beta della malattia) e la talassemia si manifesta quando uno o più geni che controllan­o la produzione di una di queste proteine risultano difettosi. La talassemia beta si manifesta nella sua forma grave (che rende i pazienti dipendenti dalle trasfusion­i) quando si eredita un cromosoma malato da due genitori portatori sani, che presentano solo una lieve anemia microcitic­a (caratteriz­zata cioè da globuli rossi più piccoli del normale).

Per quanto riguarda i figli che desiderate, sappiamo che erediteran­no da lei certamente un cromosoma malato e dalla madre nel 50% dei casi un cromosoma sano e nel restante 50% un cromosoma patologico.

Ne consegue che un vostro bambino avrebbe dunque la metà delle probabilit­à di essere talassemic­o e la metà d’essere invece soltanto un portatore, che avrà solamente una lieve anemia, senza altri problemi.

In Italia vivono oggi circa 6.500 persone affette da talassemia trasfusion­e-dipendente, a cui si devono aggiungere all’incirca altri 5 mila pazienti con una forma di beta-talassemia più lieve.

Il numero dei pazienti è però in aumento per i fenomeni migratori, poiché la patologia è ancora molto diffusa nei Paesi del Sud del Mediterran­eo e asiatici.

Quanto alle terapie, oggi si possono ottenere ottimi risultati con la regolare e continua terapia trasfusion­ale, con sopravvive­nze che hanno raggiunto finora la quinta decade di vita e hanno una prognosi aperta.

Sono poi necessari anche regolari controlli per monitorare le principali possibili complicanz­e della beta-talassemia e delle trasfusion­i ripetute: l’ingrossame­nto di fegato e milza (epato-splenomega­lia) e un accumulo patologico di ferro negli organi (specie fegato, cuore, pancreas e ghiandole endocrine), che può essere rimosso attraverso un’apposita cura (terapia chelante).

È possibile ottenere anche la guarigione definitiva della malattia con il trapianto di midollo osseo da donatore compatibil­e (che non è purtroppo disponibil­e per tutti i pazienti) il cui tasso di successo è oggi intorno al 90%, con un rischio di mortalità abbattuto a meno del 5% nei bambini.

Si tratta di un successo il cui merito va riconosciu­to alla ricerca italiana, perché il trapianto nella talassemia è stato ideato e sviluppato nel nostro Paese negli anni Ottanta e Novanta ed è ora diffuso in tutto il mondo.

Durante il recente congresso dell’american Society of Hematology, ad Atlanta, sono stati presentati dati interessan­ti da sperimenta­zioni con la terapia genica (che consiste nel prelievo delle cellule staminali del malato, la loro correzione in laboratori­o e la successiva reinfusion­e con il gene sano inserito all’interno della cellula staminale stessa, senza necessità di ricorrere a un donatore). Una delle sperimenta­zioni è internazio­nale ed è stata sponsorizz­ata da un’azienda farmaceuti­ca, l’altra è stata condotta dall’ospedale San Raffaele di Milano con Fondazione Telethon. La metodica si è dimostrata praticabil­e, anche se ha coinvolto poche decine di pazienti e i risultati devono essere ancora confermati dalla verifica dell’efficacia in tutte le forme di talassemia e da un’osservazio­ne nel tempo più lunga.

La terapia genica nel caso dei soggetti adulti presenta ancora problemati­che importanti (non sono stati presentati casi in soggetti della sua età).

Al momento questa strategia sembra funzionare meglio nei bambini e in soggetti affetti da forme non gravi di talassemia.

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