Non ci resta che pregare San Spelacchio
La cronaca di Roma di quest’inverno sembra popolata da indimenticabili personaggi che sembrano uscire direttamente da una vecchia raccolta di fiabe nello stile dei fratelli Grimm o da un film di Tim Burton. Di Spelacchio, questo eroe dei nostri tempi, si è parlato così tanto che ormai il povero abete si è insediato stabilmente nel pantheon delle maschere romane, in degna compagnia di Rugantino e Meo Patacca. Ma da almeno una settimana, c’è una nuova stella dell’immaginario cittadino. Buran, chiamato anche Burian (forse per assonanza con «buriana») è alle porte! Sembra di sentir discorrere, invece che di un evento atmosferico, tutto sommato naturale nel mese di febbraio, di una specie di entità mitologica, di un capriccioso gigante folkloristico munito di colbacco e baffoni, in viaggio sulla sua slitta trainata da cani latranti per passare una vacanza a Roma, lasciandosi dietro una pesante coltre di neve e distese di ghiaccio. E così, da giorni annusiamo l’aria ancora tiepida, consultiamo le notizie meteo come fossero bollettini di guerra, e chi segue il Trono di spade mormora tra sé e sé, posando un po’ a guerriero coraggioso, il famoso motto. «winter is coming!». Perché in realtà, come tutti sanno, Roma è un luogo di stupefacente, irrimediabile disorganizzazione anche quando il tempo è sereno, come la maggior parte dei giorni dell’anno. Questa è la norma: qualunque spostamento è più complicato che altrove, qualunque attività è più lenta e laboriosa, ognuno fa a modo suo e la somma di questi modi personali produce anarchia, aggressività, sconforto. In queste condizioni di collasso permanente, tutto fa più paura di quello che potrebbe, perché tutto diventa automaticamente la proverbiale ultima goccia che fa traboccare il vaso. Che fare? Le agenzie parlano di chiusura delle scuole, dei parchi, dei cimiteri. Di circolazione ridotta dei mezzi pubblici. Alla fine, il consiglio delle autorità è sempre lo stesso. Statevene a casa. Intendiamoci, non è affatto un cattivo consiglio. È pericoloso aggirarsi in questo immenso giocattolo rotto che è Roma quando ci si mette anche Buran a rendere ulteriormente impossibile l’impossibile. E bisognerebbe piantarla di ripetere insensatamente che è colpa dei politici, tanto varrebbe dire che la colpa è del Tevere. Santo Spelacchio, aiutaci tu.