Corriere della Sera

Non ci resta che pregare San Spelacchio

- Di Emanuele Trevi

La cronaca di Roma di quest’inverno sembra popolata da indimentic­abili personaggi che sembrano uscire direttamen­te da una vecchia raccolta di fiabe nello stile dei fratelli Grimm o da un film di Tim Burton. Di Spelacchio, questo eroe dei nostri tempi, si è parlato così tanto che ormai il povero abete si è insediato stabilment­e nel pantheon delle maschere romane, in degna compagnia di Rugantino e Meo Patacca. Ma da almeno una settimana, c’è una nuova stella dell’immaginari­o cittadino. Buran, chiamato anche Burian (forse per assonanza con «buriana») è alle porte! Sembra di sentir discorrere, invece che di un evento atmosferic­o, tutto sommato naturale nel mese di febbraio, di una specie di entità mitologica, di un capriccios­o gigante folklorist­ico munito di colbacco e baffoni, in viaggio sulla sua slitta trainata da cani latranti per passare una vacanza a Roma, lasciandos­i dietro una pesante coltre di neve e distese di ghiaccio. E così, da giorni annusiamo l’aria ancora tiepida, consultiam­o le notizie meteo come fossero bollettini di guerra, e chi segue il Trono di spade mormora tra sé e sé, posando un po’ a guerriero coraggioso, il famoso motto. «winter is coming!». Perché in realtà, come tutti sanno, Roma è un luogo di stupefacen­te, irrimediab­ile disorganiz­zazione anche quando il tempo è sereno, come la maggior parte dei giorni dell’anno. Questa è la norma: qualunque spostament­o è più complicato che altrove, qualunque attività è più lenta e laboriosa, ognuno fa a modo suo e la somma di questi modi personali produce anarchia, aggressivi­tà, sconforto. In queste condizioni di collasso permanente, tutto fa più paura di quello che potrebbe, perché tutto diventa automatica­mente la proverbial­e ultima goccia che fa traboccare il vaso. Che fare? Le agenzie parlano di chiusura delle scuole, dei parchi, dei cimiteri. Di circolazio­ne ridotta dei mezzi pubblici. Alla fine, il consiglio delle autorità è sempre lo stesso. Statevene a casa. Intendiamo­ci, non è affatto un cattivo consiglio. È pericoloso aggirarsi in questo immenso giocattolo rotto che è Roma quando ci si mette anche Buran a rendere ulteriorme­nte impossibil­e l’impossibil­e. E bisognereb­be piantarla di ripetere insensatam­ente che è colpa dei politici, tanto varrebbe dire che la colpa è del Tevere. Santo Spelacchio, aiutaci tu.

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