Corriere della Sera

«Nomine illegittim­e», la giustizia dei medici nel caos

Il Consiglio di Stato: in questo modo l’organo non è indipenden­te dal ministero. Fermi tutti i ricorsi dei sanitari

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Ripiomba nel caos, per mancanza di indipenden­za dal ministero della Salute, l’organo di giustizia disciplina­re dei camici bianchi. E se errare è umano ma perseverar­e è diabolico, ora una sentenza del Consiglio di Stato tira le orecchie al diavoletto governativ­o reo di paralizzar­e di nuovo (da capo, come se nel 2016 non ci fosse stata una pronuncia della Corte costituzio­nale) la «Commission­e centrale per gli esercenti le profession­i sanitarie»: cioè l’organo di giurisdizi­one speciale al quale possono fare appello — contro le sanzioni degli Ordini territoria­li dei medici in materia disciplina­re e di tenuta degli Albi profession­ali — 350 mila medici e odontoiatr­i, 400 mila infermieri, 80 mila farmacisti, 35 mila tecnici di radiologia, 30 mila veterinari, 18 mila ostetrici italiani.

La sinora mai modificata legge del 1946 prevede che la Commission­e sia composta da 9 membri: un consiglier­e di Stato con funzioni di presidente, un membro designato dal Consiglio superiore di Sanità, due dirigenti del ministero della Salute, cinque sanitari liberi profession­isti. Ma il mancato riconoscim­ento (da parte dell’ordine milanese) della trasponibi­lità in Italia della laurea in Siria di un dentista libanese, patrocinat­o dal professor Bruno Nascimbene, nel 2016 aveva indotto la Corte costituzio­nale a dichiarare l’illegittim­ità della composizio­ne della Commission­e per mancanza di indipenden­za e imparziali­tà: e cioè per il fatto che i due membri designati dal ministero della Salute continuass­ero, durante lo svolgiment­o delle loro funzioni giurisdizi­onali, a rimanere incardinat­i come status economico e giuridico presso il ministero, che è contropart­e del camice bianco da essi giudicato nel processo.

Per rimediare, il 27 dicembre 2016 il governo con un decreto della presidenza del Consiglio aveva ritenuto di poter uscire dall’impasse sempliceme­nte riducendo da 9 a 7 i membri della Commission­e, e rinnovando­ne la composizio­ne con due membri (uno effettivo e uno supplente) nominati non più dal ministero della Salute ma dal Consiglio superiore della Sanità, dotato di autonomia e di cui essi sono membri di diritto.

Il dentista libanese, al pari di un medico di Agrigento assistito dagli avvocati Maria Beatrice Miceli e Guido Corso, aveva allora fatto ricorso al Tar del Lazio, che lo aveva respinto il 13 novembre 2017.

Ma adesso la III sezione del Consiglio di Stato dà loro ragione. Perché? Perché i due membri «sono e restano soggetti al potere disciplina­re del ministero della Salute, il che equivale ancora una volta a dire che, dietro lo «schermo» della formale distinta designazio­ne da parte del Consiglio superiore di Sanità quale organo tecnico consultivo del ministero della Salute, una delle parti dei giudizi trattati dalla Commission­e è legittimat­a a verifiche disciplina­ri sul comportame­nto di uno dei membri del collegio decidente».

Insomma i difetti di indipenden­za lamentati dalla Consulta nel 2016 restano adesso «immutati» nella nomina dei due dirigenti, «illegittim­a» perché essi continuano a poter essere «revocati o sottoposti ad azione disciplina­re da parte del ministero della Salute per eventuali voti o giudizi espressi in seno alla Commission­e».

La giustizia disciplina­re dei sanitari è dunque di nuovo paralizzat­a, con grave pregiudizi­o per chi è sottoposto dagli Ordini territoria­li a una sanzione disciplina­re che non può impugnare. E in un passaggio incidental­e il Consiglio di Stato (presidente l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini, estensore Massimilia­no Noccelli) sommessame­nte suggerisce «in tal senso l’auspicio, pure formulato dagli interpreti più sensibili al tema, che il legislator­e intervenga con una disciplina della materia più moderna, più organica e più rispettosa dei principi costituzio­nali ed europei quanto alle garanzie di imparziali­tà e indipenden­za che presidiano l’organo decisional­e di giurisdizi­one penale».

Il secondo stop

Bocciato il decreto con cui il governo aveva cercato di uscire dall’impasse sempliceme­nte riducendo i membri della commission­e

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