Le donne sante e peccatrici di Dolce e Gabbana
Il portale di una chiesa, i canti gregoriani E poi droni-angeli e abiti che sembrano paramenti sacri Fra passione e ironia
Santa Moda ora pro nobis. La devozione arriva in passerella da Dolce & Gabbana, fra passione e ironia gli ormai imprescindibili ingredienti per amare il lavoro di questi due stilisti che non si risparmiano mai. Che sia organizzare tre sfilate in 24 ore o difendere un’italianità bistrattata o disegnare collezioni dove ogni dettaglio è colmo di amore per il loro lavoro. E non si può non perdonare loro 45 minuti di ritardo sull’inizio dello show per un problema tecnico perché poi, quando dieci droni portano in volo le borsette, la gente va in visibilio.
Massì quale spettacolo non riserva imprevisti? Con i canti gregoriani dal portale di una chiesa esce la schiera di angeli e peccatrici e regine: bomber e blouson, cappotti e tailleur, panta-gym e gonne pencil ricamate con putti e madonne, paramenti sacri in stoffe o paillette. Gli iconici abiti-sottoveste, gli short e i mini-abiti. Il vocabolario della maison c’è tutto ma con meno teatralità e una visione più reale e asciutta e leggera e immediata del solito. E l’occhio coglie i dettagli: i tacchi che sono uno le statuine di Domenico e Stefano, e poi le ali da angelo del bomber iper ricamato, il putto in 3 D, la borsetta a forma di tabernacolo. «Perché noi ci divertiamo»: come non credergli?
Un po’ come sono le ragazze: romantiche e sfacciate, maliziose e pudiche, irriverenti e giudiziose. Che escono alla conquista del giorno come se fosse una notte. Giorgio Armani con Emporio riesce a raccontare tutte arrivando anche dove mai si era spinto, territorio al confine con il buon gusto senza mai sconfinare, ma cosciente che ci sta eccome: la scelta degli stivali da rodeo, con quel tacco tagliato e la camminata dura, a condurre il gioco dell’irriverenza equilibrato da abiti corti (una scelta infinita) tutti uno scintillio, short e pantaloni di velluto. Giacchette svelte e pellicciotti.
Da Marni, Francesco Risso semplifica il suo approccio alla moda, sino a svoltare in un (nuovo) primitivismo, dove ogni brutale accoppiamento — che sia una gonna a tubo con una piega o un abito di seta fucsia con uno rosso, o il rigore con il languore o la seduzione con la protezione — origina un unico sconclusionato e romantico, elegante e sensuale. Fili che pendono, stoffe irrisolte, risvolti impazziti sottolineano l’istintivo approccio di questo «ragazzo» a abiti e forme. È già una stampa (futurista) il nuovo skyline di Milano a firma Msgm. Massimo Giorgetti racconta nei suoi abiti street e pop, ma non solo, il volto di una città che è cambiata ma che conserva quella che è stata. Sfila così nella casa degli ultimi anni del Manzoni e stampa il suo volto sulle tshirt. E poi collabora con i locali storici (Bar Basso, Cucchi e Jamaica) e imprime i loro loghi su felpe e i grandi caban. Pezzi facili e belli.
Dal Duomo alle località di sci più cool e viceversa: interscambi di stile da Trussardi dove Gaia ruba a sci e snowboard e folk montano idee e suggerimenti che trasforma in giubbotti che ricordano certe tute da discesa o in anorak cittadini di montone. I paesaggi alpini sono stampati sulle bluse e sulle maglie. E parla di milanesità anche Au Jour le Jour che porta l’ironia nei salotti perbene: giacca e gonna (corta) e top sono un pezzo unico.
Gli anni Ottanta del decisionismo e della «glamour-izzazione» da Philosophy by Lorenzo Serafini. Lo stilista immagina le sue icone di bambino, Brooke Shields e Margaux Hemingway, e prova a rielaborare all’oggi quell’atmosfera «sparkley». Spalle larghe e vita alta, allora. Attualizzate, dunque silhouette lunghe-lunghe per tute in maglia e jeans, pantaloni in pelle oro, romantici abiti da pioniera di chiffon e ai piedi gli iconici Santiago.
E brava Lavinia, non deve essere facile, l’omaggio a Laura Biagiotti nel finale è giusto ed emozionante Non è mai abbastanza il tempo dei ricordi. E lo show ne è pieno sì ma già profuma di qualcosa che sarà. Il bianco Laura apre la sfilata ma forme e proporzioni sono aggiornate a una giovane donna: i piccoli cappotti trapuntati e i lunghi di maglia, le gonne corte, le bluse sbuffanti. Virtuosismi in maglia anche da Cividini dove il rigore dei pezzi è alleggerito dai dettagli: ai pullover sfuggono fili, il cappotto è graffiato e le bluse stampate a spruzzo. Stella Jean ritrova il racconto eroico delle Olimpiadi del ‘36 quando il tedesco Luz Lonz protestò con Hitler per l’esclusione del suo amico, l’atleta afroamericano Jesse Owens. «Un gesto eroico e non una rivoluzione», sottolinea la stilista che lo omaggia con un finale di bandiere e abiti che mescolano le sue fantasie tribali a contenuti sport. Rombano i motori alla sfilata di Tommy Hilfiger che chiude la settimana: «Onorato di essere fra i grandi», dice l’americano che inscena il circo della Formula 1 per il suo show «see now buy now»: bomber e chiodi e tute di pelle da centauri e piloti.
Emporio Armani Gli stivali da rodeo e la camminata «dura»: è il gioco dell’irriverenza